Un corso per superare la PAS: Family Bridges

In questo articolo di R. A. Warshak Ph.D. viene descritto il programma Family Bridges, un workshop residenziale per i minori vittime dell’alienazione genitoriale e per i genitori rifiutati.

Il programma di recupero è stato creato e testato dal dottor Warshak, un’esperto americano sull’alienazione genitoriale e ha dato risultati eccellenti. Su 23 casi trattati, 22 hanno avuto esito positivo. Il programma è stato creato per trovare una via di uscita ai casi in cui il giudice ordina il cambio dell’affido (dal genitore manipolatore al genitore rifiutato) ma il minore è stato così gravemente alienato da aver bisogno di supporto psicologico.
Il programma di recupero Family Bridges consente ai bambini di evitare lunghe permanenze in strutture che non sanno offrire loro l’aiuto specifico di cui hanno bisogno.

I bambini hanno dato punteggi alti alla struttura, un resort con piscina, giochi, attività ludiche e detto di essere stati felici di aver partecipato.  Nessuna coercizione viene impiegata.  Di seguito la traduzione delle sezioni dell’articolo che descrivono le modalità di partecipazione e i contenuti del programma.

L’articolo originale in inglese, pubblicato sulla rivista FAMILY COURT REVIEW,Vol. 48 No. 1, January 2010 48–80 (© 2010 Association of Family and Conciliation Courts) è disponibile a questo indirizzo Internet: FAMILY BRIDGES: USING INSIGHTS FROM SOCIAL SCIENCE TO RECONNECT PARENTS AND ALIENATED CHILDREN .

FAMILY BRIDGES:
USARE GLI STRUMENTI DELLE SCIENZE SOCIALI PER RIMETTERE IN CONTATTO GENITORI E FIGLI ALIENATI

Richard A. Warshak

Riassunto

L’articolo descrive il workshop Family Bridges, un innovativo programma di formazione, che utilizza gli strumenti delle scienze sociali per aiutare bambini e adolescenti gravemente alienati a dare corso alle decisioni del tribunale che li colloca presso il genitore che ritengono di odiare. L’articolo esamina i vantaggi e gli svantaggi delle possibili opzioni e le controversie e questioni etiche che riguardano la coercizione dei minori da parte dei genitori e dell’autorità giudiziaria. Vengono presentati gli scopi del programma formativo, i principi, la struttura e le procedure, il sillabo, le limitazioni e gli esiti preliminari.

Alla fine del corso 22 su 23 minori, che in passato erano stati trattati senza successo con varie forme di assistenza terapeutica, hanno riattivato una positiva relazione con il genitore rifiutato. Nella verifica di follow-up 18 dei 22 minori hanno mantenuto il risultato. I minori che hanno ripreso l’atteggiamento ostile lo hanno fatto in seguito a contatti prematuri con il genitore alienante.

CONTROVERSIE E QUESTIONI ETICHE CONNESSE CON LA COERCIZIONE DEI MINORI (PAG 53)

Le finalità della normativa sulla famiglia, i diritti e le responsabilità dei genitori verso i figli, e i diritti dei minori all’autodeterminazione (come ad esempio il diritto a rifiutare il trattamento o a scegliere il genitore con cui vivere) sono questioni difficili dibattute nella letteratura e meritevoli di attenzione. Queste questioni sorgono quando si prendono in considerazione le varie opzioni per trattare con minori alienati in modo patologico e può essere utile collocarle in un contesto più
ampio. Anche se consapevoli dall’importanza di seguire la volontà dei minori, genitori e tribunali sono legittimati a prendere decisioni nel loro interesse. Vi sono casi in cui i tribunali allontanano i minori da famiglie in cui subiscono abusi, e spesso contro la volontà dei minori che si ribellano in modo violento e li collocano in residenze protette o con altri parenti. Se i minori fuggono, la polizia li cerca e se necessario fa uso della forza per applicare gli ordini del tribunale. La legge richiede che i minori frequentino la scuola, e quando non viene rispettata viene fatta applicare anche con sanzioni che arrivano fino al carcere per i genitori. I minori con comportamenti problematici che non vengono gestiti a casa dai loro genitori, come quelli con comportamenti violenti o psicotici possono essere collocati in centri per recupero.
L’accettazione di questo approccio alla coercizione anche nel caso dei minori che non adempiono agli ordini del tribunale di riprendere contatto con il genitore rifiutato dipende da come si concettualizza il problema dell’alienazione genitoriale.

[…]
PRINCIPI BASE (pag 58)
[…]
6. “Salvare la faccia” Una parte consistente della letteratura delle scienze sociali descrive la pressione personale a mantenere una posizione cognitiva, una volta che questa è stata articolata e messa in pratica, come anche la pressione sociale a rimanere parte di un gruppo. Una volta che il minore ha pubblicamente ripudiato e trattato con disprezzo un genitore, si trova intrappolato in un angolo cognitivo senza alcuna strategia di uscita. Il programma offre una modalità in grado di “salvare la faccia” per uscire dall’alleanza con un genitore contro l’altro e ristabilire una relazione positiva con il genitore rifiutato.
Un aspetto chiave del “salvare la faccia” è che nel programma noi non chiediamo ai figli di riconoscere i propri errori o chiedere scusa per aver trattato male il genitore. Questo principio è controintuitivo per i genitori rifiutati. Il senso comune tradizionale ritiene che prendere atto e riconoscere la responsabilità dei problemi sono i primi passi per la soluzione. Spesso i genitori rifiutati si aspettano che lo stesso si applichi ai loro figli. Chiedere questo riconoscimento, invece, non solo non è necessario, ma è normalmente controproducente. I riconoscimenti e le scuse hanno senso quando emergono spontaneamente. Molti figli semplicemente recuperano una relazione positiva e si comportano come se non fosse successo niente in passato. Arrivare al punto di riconoscere che si è inflitto grave sofferenza ingiustificata ad un genitore è un compito doloroso da portare a termine, meglio gestito quando le persone sono ad un punto della loro vita in cui possono comprendere il loro comportamento in una prospettiva più ampia.
Noi consideriamo questi minori come vittime e incoraggiamo i genitori a fare lo stesso. La nostra speranza è di riuscire a risparmiare ai minori inutili sensi di colpa e vergogna offrendo loro una via di uscita adatta a “salvare la faccia” in un ambiente che permetta loro di fare esperienza in modo sicuro di sentimenti positivi verso un genitore che hanno trattato con disprezzo.
[…]

DAL TRIBUNALE AL WORKSHOP (pag. 61)
Un aspetto del difficile dilemma è la preoccupazione per le reazioni dei minori quando vengono a sapere dell’esistenza dell’ordine del tribunale. In precedenza molti di questi minori erano riusciti a disapplicare gli ordini del tribunale di partecipare a terapie o di incontrare il genitore, e quindi si doveva ritenere che avrebbero continuato con il loro comportamento oppositivo, magari con pericolosi tentativi di saggiare i limiti dei loro educatori mediante azioni violente. In più di un terzo dei casi (9 minori in 4 famiglie) quando il workshop non è iniziato immediatamente dopo la decisione del tribunale, i minori hanno partecipato al workshop senza forti resistenze e senza necessità di particolari misure. Negli 8 casi in cui il workshop è cominciato subito dopo la decisione del tribunale, il giudice ha preso provvedimenti per minimizzare il rischio di comportamenti pericolosi. In 6 degli 8 casi il giudice ha ordinato che i minori fossero portati in tribunale ed ha personalmente e in via autoritativa informato i minori della decisione, precisando che non era negoziabile. Non è raro che i minori reagiscano gridando, rifiutandosi di andare e minacciando di scappare singhiozzando istericamente, e, in un caso, manifestando sintomi di iperventilazione. I tribunali e i genitori gestiscono la resistenza dei minori in modi diversi. Per minimizzare il rischio di azioni violente alcuni giudici tengono bene in vista poliziotti in divisa per enfatizzare l’autorità dell’istituzione. Alcuni giudici mettono in chiaro con il minore che la corte si aspetta che essi collaborino a risanare la loro relazione con il genitore rifiutato e che il fallimento non è un’opzione da tenere in considerazione, che il rifiuto di cooperare non servirà a garantire l’affido al genitore favorito e che prima la relazione sarà recuperata, prima potranno riprendere i contatti con il genitore favorito.
Non avendo diretta esperienza dell’efficacia di questi ordini della corte (e immaginando di dover fronteggiare la veemente protesta di un adolescente testardo) terapisti, educatori, avvocati, giudici e spesso anche i genitori sottovalutano il potere della corte di ottenere l’obbedienza di un minore recalcitrante. Più volte abbiamo visto minori (perfino quelli che avevano perso i contatti con un genitore per anni) recedere dalle loro minacce e nel giro di 24 ore comportarsi in modo sollevato, rilassato comunicativo con il genitore rifiutato.
Un educatore che ha partecipato al workshop ha detto che non avrebbe mai creduto che il bambino potesse cambiare così rapidamente se non lo avesse visto con i suoi occhi. La teoria del conflitto sociale offre una spiegazione di questi cambiamenti. Secondo questa teoria il minore e il genitore hanno raggiunto un punto di stallo nel loro conflitto. Come scrivono Pruit e Kim “Sono intrappolati cognitivamente nel conflitto, troppo vicini ai dettagli per poter vedere
l’infausto contesto da un punto di vista più ampio e costretti a continuare il conflitto dalle loro precedenti affermazioni” In queste circostanze è necessario un qualche shock per riportarli alla ragione – un evento impressionante che drammatizzi il fatto che la loro campagna è senza speranza e i costi e i rischi di continuare a perseguirla. Un modo per sostituire l’escalation di conflitto con una de-escalation si trova quando “una terza parte potente entra in scena e impone una tregua”. In questo caso l’ordine del giudice è l’evento impressionante imposto dalla terza parte.
In uno degli otto casi in cui il workshop ha avuto luogo immediatamente dopo la decisione del giudice, una madre ha eseguito l’ordine di portare il figlio di 16 anni in Tribunale e il ragazzo è tornato a casa con suo padre senza protestare. In 6 degli 8 casi a causa del grado severo dell’alienazione dei minori e l’ampiezza del loro sentimento di onnipotenza nel disapplicare gli ordini del giudice, il genitore rifiutato ha dovuto affittare un servizio di trasporto professionale per adolescenti per garantire la sicurezza del trasferimento del minore alla località in cui si teneva il workshop. In un altro caso, una madre rifiutata dal figlio ha dovuto assumere un ex agente di polizia amico di famiglia per assisterla nel viaggio con il minore verso il luogo dove si teneva il workshop. In alcuni casi l’ordine del giudice prendeva atto dell’intenzione dei genitori di utilizzare servizi di trasporto professionali per trasferire i minori al luogo del workshop. Questo tipo di servizi nella loro routine comprendono anche il trasporto di adolescenti che fanno resistenza verso la scuola o in programmi di trattamento, come scuole residenziali terapeutiche o centri di riabilitazione per minori in stato di dipendenza da sostanze. Generalmente i professionisti impiegati in questi servizi sono ex ufficiali dei servizi di libertà vigilata per minori, assistenti sociali o persone che hanno lavorato professionalmente con minori problematici. Questi
professionsti sono assicurati e addestrati in tecniche di intervento non violento, nell’instaurare rapporti con gli adolescenti e nell’uso di un approccio rispettoso e compassionevole ma fermo per ottenere la cooperazione dei minori. Dopo aver spiegato il loro ruolo, prendono in consegna i telefonini. In nessuno di questi casi i professionisti hanno usato qualche forma di coercizione fisica nè nessuno dei minori ha mai lamentato qualche forma di maltrattamento. I minori rivelano, generalmente nel secondo o nel terzo giorno del workshop, che avevano intenzione di scappare ma che la presenza dei professionisti li ha trattenuti dal farlo e che sono felici di non averlo fatto.
Tuttavia l’uso di questo tipo di servizi di trasporto è controverso perchè implica un livello di coercizione ulteriore (simile alla presenza di un poliziotto in divisa che ottiene l’obbedienza con ordini precisi ma senza l’uso della forza) e a causa di una cattiva interpretazione dell natura del servizio. Il diritto ad avvalersi del servizio è del genitore e avviene prima e indipendentemente dall’inizio del nostro lavoro. Il compito del servizio di trasporto finisce quando comincia il
workshop. Come discusso in precendeza, un terapeuta o un educatore del workshop si confronta con un dilemma etico riguardo all’opportunità di lavorare con un minore in queste circostanze.
Personalmente ho affrontato questo dilemma quando ho lavorato in centri di trattamento residenziali e in ospedali. La differenza è che la decisione se rimanere e frequentare il workshop spetta al minore. Noi non costringiamo in nessun modo i minori, e mettiamo in chiaro che questo non è il nostro ruolo. E’ importante sottolineare l’ultimo punto perchè alcuni giornalisti hanno etichettato il corso come “deprogrammazione”. Come la descrizione delle procedure renderà
chiaro, questa etichetta è sbagliata e impropria. Il termine deprogrammazione è stato originalmente usato con riferimento al trattamento delle vittime delle sette e evoca immagini di rapimento, isolamento e costrizione di persone a cui
vengono impartite lezioni contro la loro volontà in un modo che può essere descritto come una forma di lavaggio del cervello. Al contrario, anche se il giudice o i genitori possono insistere per ottenere l’ammissione del minore al workshop Family Bridges, quando incontriamo i minori mettiamo in chiaro che essi sono liberi di ritirarsi in ogni momento.
Nel corso del workshop l’educatore continua a sollecitare la partecipazione, risponde a domande, corregge gli eventuali fraintendimenti, rinforza il diritto dei partecipanti ad avere una loro propria opinione dopo ogni presentazione, e chiede se il workshop soddisfa le aspettative dei partecipanti. Piuttosto che isolare i minori, noi incoraggiamo i genitori e i minori ad impegnarsi in attività insieme alla sera o negli intervalli. Al contrario che nel “lavaggio del cervello” che forza la sospensione del pensiero critico e induce una distorsione della percezione della realtà, noi insegniamo ai minori a pensare criticamente e a correggere le percezion distorte.
Noi forniamo informazioni normalmente presentate nei corsi di psicologia e sociologia e lasciamo ai partecipanti la decisione su come applicare quanto appreso. La nostra sfida è quella di stabilire velocemente un rapporto con i minori e interessarli nel programma così che possano partecipare volenterosamente. Un approccio alternativo che che abbiamo tentato tre volte con successo è quello di condurre il workshop a casa del genitore
rifiutato, risolvendo in questo modo il problema del trasporto del minore contro la sua volontà al luogo del workshop.

LE FASI DEL PROGRAMMA (pag. 64)
FASE UNO: CONCETTI E INFORMAZIONI DI BASE
Ovviamente il fatto che il minore accetti di partecipare al corso non cambia i sentimenti negativi sul genitore o sulla decisione del giudice. Tuttavia assicura una collaborazione sufficiente per iniziare. Il corso comincia con materiale video immediatamente coinvolgente, divertente, evocativo e formativo. Assistere ad un video richiede poco ai partecipanti ed il fatto di guardarlo minimizza le interazioni dirette tra genitori e figli. Le discussioni sono scoraggiate durante la mattina del primo giorno. Questo significa iniziare il corso con attività a basso grado di ansia che minimizzano le possibilità di conflitto e confermano che il corso è “benevolo” come promesso. Con storie sulle relazioni genitore-figlio i video mostrano la facilità con cui la lealtà ad una figura autorevole può produrre la sospensione del pensiero critico e la rottura di relazioni, e come le strutture sociali e la pressione di gruppo crea inclusi ed esclusi, e questo può rapidamente trasformarsi in forme di stereotipo negativo e rifiuto nei confronti degli altri che non hanno fatto nulla per meritare questo sentimento negativo.
Il materiale video crea una esperienza comune da utilizzare per illustrare i concetti rilevanti sull’alienazione dei minori. Per esempio, discutere su come i bambini nel video hanno sviluppato stereotipi negativi, fa superare l’ansia e le difese che si potrebbero aspettare se il tema della discussione fosse il comportamento del bambino stesso. Abbiamo scoperto che i bambini imparano i concetti essenziali e riconoscono, “salvando la faccia”, la rilevanza per la loro situazione.

Dopo la presentazione dei video della prima mattina c’è una pausa per il pranzo. La maggior parte dei minori a questo punto cominciano a comunicare direttamente con il genitore che hanno rifiutato per anni. Il fatto di pranzare insieme è una parte del programma educativo. Evoca precedenti esperienze di cura piacevoli e contribuisce al recupero di una relazione positiva.
Il pomeriggio inizia con esercizi sulla percezione che i bambini considerano la parte più irresistibile e divertente del corso e sono i più utili per insegnare l’importanza del pensiero critico e per aiutarli a riconsiderare le loro convinzioni e recuperare una visione equilibrata dei loro genitori. La nostra procedura segue un modello testato empiricamente per stimolare il pensiero critico che include l’attitudine a pensare criticamente, le abilità con cui farlo, il monitoraggio metacognitivo del processo del pensiero. Una parte considerevole del tempo è utilizzata per il lavoro con materiali che insegnano come sia facile essere vittima di una falsa percezione della realtà. Un’adolescente ci ha detto: “Ho imparato che non sempre uno ha ragione, può capitare di pensare di essere nel giusto, e però non esserlo.”

Usando strumenti come le illusioni percettive insegniamo come le persone e le situazioni possono essere percepite da differenti e spesso egualmente valide prospettive. Mostriamo come certe distorsioni percettive e cognitive sono ovunque e utilizziamo i risultati degli studi maggiormente riconosciuti per dimostrare come la suggestione esercita una potente influenza sulla percezione e sulla memoria nei bambini e negli adulti.

La consapevolezza che la falsa percezione è un fenomeno naturale contribuisce a “far salvare la faccia” e concede ai minori l’occasione di accettare la nozione che possono aver malgiudicato il genitore rifiutato.

Utilizzando materiale del tipo candid camera per i corsi universitari di psicologia insegniamo come la pressione delle dinamiche di gruppo può portarci ad agire in modo diverso da come avremo voluto veramente — una importante lezione per gli adolescenti.

Alla fine del primo giorno i partecipanti sono generalmente rilassati e di buon umore. Sono sollevati che il procedimento sia più facile di quanto aspettavano e i genitori spesso sono molto contenti di aver contatti e di recuperare qualche forma di relazione con quello che era un figlio perduto.

I compiti assegnati per la serata prevedono che il genitore e il figlio si impegnino in attività di divertimento insieme. Il corso può avere luogo in differenti tipi di collocazione, anche in un ufficio o in una casa privata, ma preferiamo un luogo per le vacanze che offra l’opportunità di divertimenti e forme di relax. In aggiunta al contenuto del programma, il processo di lavorare insieme per un fine comune con esperienze condivise in un ambiente piacevole crea un contesto benefico che aumenta l’efficacia di risanamento.

FASE DUE: CONCETTI SUL DIVORZIO E INTEGRAZIONI

Nel secondo giorno si applicano i concetti di psicologia generale allo specifico tema dei figli e del divorzio. Scene prese da programmi televisivi popolari e trasmissioni televisive sono utilizzate per illustrare i più comuni problemi che conseguono al divorzio, specialmente il problema dei figli che vengono coinvolti nelle controversie dei loro genitori.

In seguito insegniamo i concetti che mostrano comportamenti e attitudini già illustrati nelle precedenti presentazioni. Inoltre presentiamo informazioni specifiche , ritagliate sulle circostanze della famiglia e del livello di sviluppo dei minori, come ad esempio i più comuni problemi fronteggiati dai bambini scamparsi una volta ritrovati.

FASE TRE: APPLICAZIONE DEGLI INSEGNAMENTI

In questa fase del programma il genitore e il figlio sono stati coinvolti in attività di apprendimento condiviso, hanno apprezzato la reciproca compagnia e sono divenuti ottimisti riguardo alle possibilità di risanamento.

Tuttavia i minori devono imparare come applicare i nuovi concetti alla loro situazione. Insegniamo questa applicazione attraverso l’uso di vari esercizi che rendono più facile per i minori (sempre “salvando la faccia”) meglio valutare la presenza o l’assenza delle forze che hanno appreso possono formare il comportamento e gli atteggiamenti. Anche se a questo punto i minori possono capire, a livello astratto, che il loro rifiuto del genitore è il risultato di un errore di valutazione e dell’influenza di processi che polarizzano i loro atteggiamenti verso i genitori, i minori non sono ancora direttamente consapevoli del modo in cui i loro processi cognitivi mantengono il loro punto di vista negativo sul genitore rifiutato. Il momento in cui il minore per la prima volta fa esperienza — non in modo generale o astratto, ma con consapevolezza diretta e immediata — che vedeva il genitore rifiutato attraverso lenti distorte è il momento culminante del corso-programma.

La maggior parte dei minori desiderano ardentemente una buona relazione con tutti e due i genitori. Gli strumenti che acquisiscono con Family Bridges li rendono capaci di evitare la polarizzazione dei loro sentimenti verso i genitori in modo che possono recuperare una relazione positiva con il genitore rifiutato senza volgersi contro l’altro. In un caso si è visto i figli presentare al loro padre i biglietti di auguri per la festa del papà che avevano fatto con il computer. E’ stata la prima volta in cinque anni.

I minori differiscono nel momento in cui raggiungono la fase in cui segnalano di essere pronti per la fase finale, ma ad un certo punto ci arrivano.

FASE QUATTRO: ACQUISIRE E PRATICARE ABILITA’ DI COMUNICAZIONE E RISOLUZIONE DEI CONFLITTI

La psicologia sociale insegna che l’esclusione sociale conduce a comportamenti controproducenti e aggressivi anche verso bersagli innocenti. Questo è vero per i genitori rifiutati che comunemente reagiscono in modo esagerato all’ostilità dei loro figli. Per aiutare i genitori a rispondere in modo sofisticato e utile invece che reagire duramente, presentiamo un video sulle abilità genitoriali, proponiamo sessioni pratiche e giochi di ruolo. Riteniamo utile includere i minori nel corso di abilità genitoriali. Le abilità insegnate, come l’ascolto attivo, sono utili anche per i figli. Far partecipare i figli significa assicurarli sul fatto che il genitore rifiutato sta imparando le abilità necessarie per gestire i problemi futuri in modo non punitivo e costruttivo. Inoltre mostra come il corso riconosce che anche il genitore deve imparare delle cose. Un ulteriore beneficio è che così i minori provano empatia per la fatica del genitore che cerca di educare i figli in un modo psicologicamente sano. Questo contribuisce allo scopo di aiutare i figli a sviluppare una prospettiva compassionevole per entrambi i genitori. A questo punto del programma quasi ogni minore esprime il desiderio che anche l’altro genitore possa imparare le stesse cose, vedere gli stessi video e imparare le stesse abilità.

Dopo il corso sulle abilità genitoriali insegniamo i metodi per fronteggiare le decisioni familiari importanti e risolvere i conflitti. Le abilità apprese in precedenza sono messe in pratica nel momento in cui genitore e figlio negoziano le rispettive aspettative, regole di vita e pianificano il ritorno a casa. Incoraggiamo anche i minori a applicare queste abilità in futuro per gestire i rapporti con i parenti delle due parti della famiglia che comunicano sentimenti negativi rispetto all’altro genitore. Un esercizio prevede l’espressione di apprezzamento per specifici membri della famiglia.

Il corso-programma finisce quando è evidente che genitore e figlio sono in grado di applicare quello che hanno imparato per gestire la relazione, inclusi i momenti conflittuali, anche in assenza di assistenza, ma con la prospettiva di ulteriore aiuto se necessario.

Traduzione completa “Family Bridges”

artwarshak-familybridges

Visualizzazioni dopo 11/11/11: 9458

8 Comments

  1. KATIA

    buon giorno
    sono una mamma di due ragazze di 19 e 25 anni (fino a qualche tempo fa amorevoli e affettuoso con me. Il padre è andato via di casa più di due anni fa, ed ha iniziato ad alienarle contro di me, risultanto è che è riuscito a mandarle via da casa dove vivevano insieme a me (ora vivono in una casa – da sole – che era dei miei genitori) non mi rispondono più ai messaggi, non mi aprono la porta di casa (hanno cambiato la serratura)il padre va da loro due /tre ore al giorno (lui vive da un’altra parte con un’altra donna. volevo un consiglio sul come comportarmi, è una situazione terrificante (l’ho paragonata ad un tumore), sembrano due “cani rabbiosi” nei mei confronti, non riconosco più le mie figlie. si parla sempre di P.a.s. per minorenni, ma esiste anche per i figli più grandi, d’altra parte se riesce un leader delle sette a farsi degli adempti, figuriamo un padre che usa l’amore delle figlie per difendersi da me e per colpirmi. subisco anche stalking da mio marito, che ora essendo stato (dopo denuncia) invitato a stare ontano da me lo ha effettuare alle figlie, quindi per me è moltro pèiù mortificante e doloroso.
    aiutatemi vi prego.
    katia

  2. batman

    Purtroppo quando i figli diventano maggiorenni non ci sono più rimedi giuridici, non esiste alcuna autorità competente a cui rivolgersi. Soluzioni possibili possono venire da una qualche forma di mediazioni attraverso persone conosciute dalle figlie che godano di un minimo di autorevolezza nei loro confronti.

  3. zaira

    Ciao io sto combattendo per riportare a casa mia figlia di quasi 5anni perché alienata dal padre e nonni paterni.la giustizia è lunga e io nn c è la faccio più come posso fare

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