Alienazione genitoriale strumento delle sette – dott.ssa Lorita Tinelli

dott.ssa Lorita Tinelli

La dott.ssa Lorita Tinelli è una psicologa che opera a Bari dove si occupa professionalmente degli aspetti psicopatologici connesse con l’attività delle sette e dei culti alternativi. In questo articolo esamina il fenomeno dell’alienazione genitoriale spesso utilizzato da genitori appartenenti ad una setta al fine di ottenere il controllo sull’educazione dei figli dopo la separazione ed evitare che mantengano contatti con il genitore “incredulo”. Lorita Tinelli è presidente  deCeSAP che offre consulenza alle vittime di controllo mentale e di abuso psicologico da parte di sette, sedicenti carismatici e gruppi a carattere totalitario.

Fonte: http://www.loritatinelli.it

Lo psicologo Richard Gadner (1985; 1987; 1989; 1992) definisce la sindrome di alienazione genitoriale (Parental Alienation Sindrome – PAS) come il comportamento di uno o più figli che nel contesto del conflitto intergenitoriale, diventa ipercritico e denigratore nei confronti di uno dei due genitori, perché l’altro lo ha influenzato in questo senso, indottrinandolo adeguatamente[1].

Alcuni autori (Clawar, Rivlin, 1991) parlano di bambini programmati ai quali è praticato il lavaggio del cervello.

Nell’ambito familiare è normale che si vengano a stabilire alleanze particolari e collusive fra i diversi attori delle relazioni. E’ altrettanto frequente che in casi di conflitto intra e interfamiliare, legati ad esperienze di separazione, le alleanze collusive siano ancora più evidenti e sono funzionali a sostenere, influenzare, ricattare, ostacolare, riavvicinare i vari membri della famiglia. La sindrome di alienazione genitoriale si distingue dalle normali dinamiche relazionali per delle caratteristiche peculiari:

  1. il figlio cambia atteggiamento dopo l’affidamento provvisorio e senza una ragione plausibile
  2. le critiche/accuse all’altro genitore appaiono inconsistenti, esagerate, contraddittorie o contraddette dai fatti
  3. le critiche/accuse appaiono stereotipate, prive di dettagli e copia-carbone del pensiero di uno dei genitori
  4. le critiche/accuse sono estranee all’ambito di esperienza di un bambino
  5. la formulazione di critiche/accuse contiene informazioni che solo l’altro genitore può aver fornito
  6. il bambino vive ansia e paura nell’incontrare l’altro genitore in assenza di ragioni concrete
  7. il bambino si preoccupa di tutelare, senza una ragione specifica, un genitore rispetto all’altro
  8. mostrerà inoltre un certo legame a favore dell’eventuale nuovo compagno del genitore rispetto all’altro genitore biologico
  9. si ravvisa la presenza di razzismo familiare (‘noi siamo brava gente, mentre tuo padre …’)
  10. si ritiene che un genitore sia solo vittima, mentre l’altro è colpevole o responsabile con una visiona manichea e senza sfumature[2].

Il genitore può indurre tutto ciò nel figlio secondo un programma più o meno consapevole, che presenta comunque delle strategie di indottrinamento, che possono essere dirette indirette e che non sempre sono direttamente riconoscibili.

Particolarmente importanti sono le tecniche indirette che solitamente incidono più sottilmente sull’opinione e sul comportamento del bambino. Esse fanno leva sulle emozioni e sul suo senso di lealtà.

Esempi di stratagemmi sono:

  1. raccontare aneddoti in cui l’altro genitore risulta in una veste compromessa
  2. esagerare il proprio ruolo di educatore e sminuendo quello dell’altro
  3. soddisfare i desideri del figlio che l’altro limita o disapprova
  4. mostrare gusti e opinioni diametralmente opposti a quelli dell’altro genitore
  5. ‘sgenitorializzare’ l’altro genitore per esempio chiamandolo col proprio nome e non con l’appellativo ‘papà’ o ‘mamma’
  6. metacomunicare in modo paradossale sull’altro genitore (‘ci sarebbero molte cose da dire su tuo padre … ma io sono buona e non dico nulla’)
  7. creare doppi legami che confondono il bambino e lo rendono facilmente suggestionabile
  8. mistificare le impressioni e i sentimenti del figlio
  9. chiedere continuamente al figlio cosa ne pensa dell’altro genitore, costringendolo a prendere posizioni, e premiarlo o punirlo a seconda delle sue risposte.

L’utilizzo di tali tecniche porta il bambino a schierarsi con un genitore o con l’altro e a reinterpretare la realtà secondo le caratteristiche del genitore che agisce su di lui.

Il bambino non sempre è cosciente del ruolo ascrittogli.

La letteratura sul tema riporta le caratteristiche psicologiche e comportamentali del genitore bersaglio che faciliterebbe l’instaurarsi della PAS (Wakefield, Underwager, 1990; Rand, 1997b):

  1. sesso: in due terzi dei casi il genitore bersaglio è il padre, che ha maggiori probabilità di essere vittima della PAS, specie quando viene accusato falsamente di abuso sessuale
  2. responsabilità del fallimento del matrimonio: viene spesso preso di mira il genitore responsabile della separazione
  3. distanza emotiva dai figli: diviene bersaglio il genitore che ha un atteggiamento distaccato nei confronti dei figli o che è spesso fuori casa, tanto che ha meno probabilità di recepire immediatamente la situazione, e quando reagisce viene percepito negativamente dai figli che si schierano col genitore più presente
  4. atteggiamento verso la situazione: il genitore che reagisce con minor risolutezza nei confronti della separazione e dell’affidamento, è più probabile che diventi bersaglio. In questo caso mostrerà anche atteggiamenti di aggressività e sarà più semplice attribuirgli la responsabilità della causa del conflitto.

 

Particolari situazioni inducenti la PAS

Un ruolo altrettanto importante nell’instaurarsi della PAS è rivestito dalle terze persone, che entrano a far parte della disputa per l’affidamento dei figli (altri membri della famiglia, amici, vicini, nuovi partners, …).

In particolare la letteratura ha evidenziato casi di PAS indotta attraverso l’appartenenza del genitore alienante e/o del suo nuovo partner a svariati tipi di culto, che possono ruotare intorno ad un tema religioso o ideologico qualsiasi.

Per esempio la presenza di un leader carismatico o di un comitato direttivo di un culto, che controllano i membri del proprio gruppo in maniera precisa e utilizzano tecniche di indottrinamento sistematiche e di allontanamento dei propri adepti dal resto del mondo, possono agire per l’instaurarsi della PAS.

La gente che si separa è molto vulnerabile, pertanto risente maggiormente dell’atteggiamento del gruppo di appartenenza, specie se questo induce una visione manichea della vita e riconosce e rinforza la ‘rettitudine’ dell’individuo coinvolto nell’esperienza.

Allo stesso modo il gruppo, specie se agisce come sistema totalitario e totalizzante ha un’influenza notevole anche sui figli dei propri adepti che si stanno separando agendo su di loro, specie se sono più piccoli e non possiedono ancora una sufficiente autonomia di pensiero (Greene, 1989; Singer, Lalich, 1995).

In un brano tratto dal libro Cult in Our Mids, di Margaret Thaler Singer, con la collaborazione di Janja Lalich, pubblicato nel 1995 da Jossey-Bass Publisher, ISBN 0-7879-0266-7, l’autrice evidenzia come certi gruppi agiscono sui giovani anche con metodologie dirette:

Le sette mettono poi i membri contro la famiglia di origine usando una pletora di ragioni logiche studiate per adattarsi all’ideologia del gruppo. Una setta politica, ad esempio, ‘testa’ i giovani neofiti spingendoli a mentire deliberatamente ai genitori, e nel momento della telefonata un dirigente sta vicino per controllare. Si tratta del primo gradino per separare i neofiti dalla famiglia, e per addestrarli a seguire ordini irrazionali. Le sette di psicoterapia e auto-miglioramento sono note in modo particolare per portare i membri a rivisitare le loro storie personali e, soprattutto, a considerare i genitori come malvagi e non più degni di fiducia. Similmente, come ho già detto, le sette religiose addestrano i membri a considerare gli esterni, anche parenti stretti, come satanici e ad evitarli ad ogni costo. (Capitolo 4, traduzione Martini)

 

 

Un esempio particolare di induzione della PAS tra i Testimoni di Geova

 

Molto spesso mi è capitato di intervenire come Consulente Tecnico, in casi di separazione tra un coniuge Testimone di Geova e l’altro no, che vedevano come oggetto di contesa qualche minore.

In tutti i casi era evidente l’attuarsi di una PAS da parte del genitore geovista, sostenuta e in qualche modo iniziata dallo stesso gruppo di appartenenza.

Un esempio abbastanza eloquente di quanto è stato sopra affermato, ci vien dato da un brano tratto dalla Torre di Guardia del 1/11/1998, p. 28, in cui il Corpo Direttivo offre disposizioni sulle strategie da adottare, dopo una separazione da un coniuge incredulo (il significato gergale di questo termine è un coniuge che non aderisce alla ideologia di gruppo), per evitare che il figlio venga influenzato da quest’ultimo:

Spesso il Magistrato concede al genitore che non ha ottenuto l’affidamento del figlio la facoltà di andargli a far visita. (…) E se il genitore non credente cerca di annullare gli effetti dell’educazione impartita nel timore di Dio?

Il segreto sta nel prepararsi prima delle visite! Una madre cristiana, il cui ex marito era diventato apostata, riferisce: “Prima della visita, consideravo con i bambini cosa ne avrebbe pensato Geova del loro comportamento. Li ponevo di fronte alle situazioni che avrebbero incontrato. Dicevo loro: ‘Se vostro padre dirà così e così, come risponderete?’.

Un’altra cristiana da cui il marito divorziò perché era diventata Testimone aggiunge: “Prima che [i miei due figli adolescenti] si rechino dal padre durante il fine settimana, preghiamo Geova chiedendogli di star loro vicino e di aiutarli a dare testimonianza al padre, soprattutto mediante una condotta eccellente”.

Un genitore non credente a cui è stata concessa la facoltà di visitare il figlio potrebbe cercare di lusingarlo con ricchi doni, svaghi costosi e altre cose belle. Iochebed, madre di Mosè (e Aram se era ancora in vita) sapeva a cosa sarebbe andato incontro il figlio quando sarebbe stato riconsegnato alla figlia di Faraone. Perciò si darà da fare per formare il suo senso dei valori finchè era con lei. (Esodo 2:1 – 10) Pur di fronte agli allettanti ‘tesori d’Egitto’, Mosè preferì seguire i principi santi. “Stimò” i suoi privilegi spirituali come vere e proprie ricchezze! (Ebrei 11:23- 26) Similmente, i genitori cristiani dovrebbero preparare i propri figli ad opporsi a simili allettamenti esaminando con loro informazioni scritturali che pongano l’accento sui tesori spirituali. Spesso i figli capiscono le basse motivazioni che inducono un genitore a cercare di comprare il loro affetto. – Proverbi 15:16, 17.

In qualche caso estremo la visita potrebbe costituire un grave pericolo per il figlio. In tali circostanze il genitore dovrà decidere il da farsì, esaminando in preghiera fino a che punto è grave il pericolo, quali strumenti legali ha a disposizione e le possibili conseguenze derivanti dal rifiutarsi di rispettare la facoltà di visita. Evitate di agire con precipitazione, perché potreste gettare dubbi sulle vostre capacità di assolvere il ruolo di genitore. – Galati 6:5; Romani 13:1; Atti 5:29; I Pietro 2:19,20.

Insomma è possibile rilevare in questo brano tutti gli elementi dell’instaurarsi di una PAS:

1)      la presunzione di essere migliori dell’altro genitore, con la visione di quest’ultimo come di un essere pericoloso per il proprio figlio

2)      un gruppo con appositi consigli supportati ad hoc dalle Scritture

3)      alcune storie di vite che vanno a rafforzare la presa di posizione del genitore manipolante

4)      precise istruzioni su come agire anche avvalendosi della legge per allontanare il figlio dall’altro genitore.

[1] Guglielmo Gulotta, Quaderno Quattro, Istituto degli Innocenti, Firenze, p. 27

5 Comments

  1. Sono una madre che ha subito l’alienazione genitoriale da parte dell’ex marito che ha completamente manipolato le due figlie.
    Ormai sono due anni e mezzo che vivo questa schifosa umiliazione e non finisce perchè quell’essere ancora mi scrive accusandomi di una situazione che ha creato lui stesso, vuole vedermi morta….
    la mia domanda è: ma quando i figli si rendono conto? quand’è che cominciano a uscire”dal buio” dove li ha indotti il genitore manipolatore? quand’è che cominciano a farsi domande tipo: ma mamma ea così dolce, ci voleva tanto bene, possibile che ora è diventata come dice papà………
    insomma quand’è che cominciano a riflettere e capire?
    grazie
    katia

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