Secondo la maggior parte degli studiosi l’alienazione parentale è un fenomeno conosciuto sotto altro nome ben prima che Richard Gardner ne teorizzasse l’esistenza come sindrome autonoma. In particolare la scuola della terapia familiare negli anni sessanta introdusse il modello della triangolazione per spiegare i casi in cui un genitore crea un’alleanza con i figli per usarli nel conflitto con l’altro genitore. Ne abbiamo parlato sul nostro blog citando la psicologa della famiglia americana Linda Gottlieb che è stata allieva di Salvador Minuchin.
In seguito al nostro post è comparsa su alcuni social network una confutazione molto boriosa e supponente che nega attendibilità all’ipotesi di inquadramento dell’alienazione parentale nel modello della teoria familiare. In sostanza la fonte (che secondo alcuni sarebbe da identificare in un professionista di provincia che nega l’alienazione parentale) sosteneva che è impossibile inquadrare l’alienazione parentale come triangolazione, perché la terapia familiare si applicherebbe esclusivamente alle famiglie unite. In caso di separazione la triangolazione e il conflitto di lealtà sparirebbero come d’incanto.
In alcune recenti CTU per le solite questioni di affidamento di figli che rifiutano un genitore, ci siamo imbattuti in concetti quali ‘triangolo perverso’, ‘doppio legame’, ‘conflitto di lealtà’ utilizzati, insieme o al posto di quello di PAS, per spiegare il rifiuto del minore e giustificare il suo allontanamento dal genitore protettivo. L’abbiamo attribuito alla scarsa familiarità di questi CTU con la psichiatria sistemica; ma, visto che sono riportati quasi in contemporanea da più professionisti ci sembra singolare questa sorta di ‘ignoranza collettiva’. […] Per noi questi concetti non hanno alcun senso quando applicati alle famiglie separate; e spieghiamo perché. […] L’esplosione del conflitto, la sua esplicitazione, mette fine al sistema familiare disfunzionale e mette fine, ovviamente, alle dinamiche relazionali patologiche che avevano lo scopo di mantenere l’omeostasi del sistema. Nel caso delle famiglie separate e altamente conflittuali i figli non corrono alcun rischio di essere ‘triangolati’ e quindi sottoposti a messaggi del tipo ‘doppio-legame’ […] per il semplice motivo che la famiglia non c’è più e quindi i rapporti dei due genitori tra loro e di ciascuno di essi con i figli sono chiari e definiti.
Fonte: http://www.alienazionegenitoriale.org/docu/new_pas.pdf
C’è stato chi ha intervistato via internet la Gottlieb per avere da lei chiarimenti e ha ottenuto una netta smentita di cui si parla in questo post. Ma la cosa si è fermata lì, perché la tesi negazionista è rimasta confinata nel blog semisconosciuto dove è stata pubblicata e nessuno si è poi preso la briga di leggere i libri della terapia familiare per cercare conferme o smentite.
Nel marzo 2016 è comparso un lungo articolo sul blog di Craig Childress, che analizzando le lacune del modello dell’alienazione parentale come sindrome, introduce alcune citazioni dirette dall’opera di Minuchin che parlano della triangolazione. In una di queste citazioni si parla esplicitamente di famiglia divorziata, esattamente come si poteva immaginare sulla base del comune buon senso: non c’è nessuna ragione per ipotizzare che la separazione dei genitori abbia l’effetto salutare che le assegna il negazionista dell’alienazione parentale. Il passo di Minuchin citato da Childress è il seguente (per il resto dell’argomentazione che inquadra l’alienazione parentale come triangolazione rimandiamo direttamente al post di Craig Childress):
I genitori avevano divorziato sei mesi prima e il padre viveva da solo… Due dei figli che erano molto attaccati a lui hanno cominciato a rifiutare ogni contatto. I figli più piccoli hanno ancora contatti col padre, ma si dicono molto scontenti per questo. [Minuchin, S. (1974). Families and Family Therapy. Harvard University Press]
Quindi ecco qui la tessera del mosaico che mancava per dimostrare come l’arroganza dei pochi che negano l’alienazione parentale sia in realtà basata sul nulla. Queste persone si vantano continuamente della loro presunta competenza “scientifica” ma fanno continuamente dei passi falsi che, come si usa dire oggi, “la rete non perdona”.