Ancora calunnie ai magistrati dai negazionisti dell’alienazione parentale

La calunnia, cm. 62 x 91, Galleria degli Uffizi, Firenze

La calunnia, cm. 62 x 91, Galleria degli Uffizi, Firenze

In un precedente post di questo blog avevamo segnalato il tentativo di far passare per errore di traduzione l’inclusione nel DSM5 del termine “alienazione”.

Oggi abbiamo l’occasione per segnalare un altro episodio di manipolazione che dimostra in modo inequivocabile la malafede di chi nega l’alienazione parentale.

Il documento a cui facciamo riferimento è un articolo  comparso sulla rivista Questioni di diritto di famiglia intitolato “La manipolazione del processo attraverso le perizie (Trib. Cosenza, 29/7/2015)” reperibile sul sito della Maggioli. Una delle affermazioni degli autori dell’articolo ha attirato la nostra attenzione. Scrivono queste testuali parole (le parti virgolettate sono citazioni della sentenza di Cosenza):

Ma il CTU supera ogni limite nella valutazione finale in cui attribuisce alla donna un’altra diagnosi psichiatrica inesistente.

” Spiega il perito che l’insistenza della donna nel ritenere che i figli siano stati abusati sessualmente si intreccia con il profilo di personalità della madre della MBP  che nella convinzione di operare per il bene del figlio o addirittura spinta da distorsioni cognitive e di personalità la inducono a nuocere  in maniera irreversibile al bambino”

Si specifica poi il quadro diagnostico:

“Il CTU ha formulato per la ricorrente una diagnosi di probabile di MBO (? probabilmente MSBP, Munchausen Syndrome by Proxy) ­falsi abusi sessuali ( DSM V pag. 375) che consiste sommariamente in una sindrome in cui le madri simulano o producono una malattia nel figlio, che fanno visitare da medici, pediatri, ospedali ecc. senza che gli specialisti riescano a trovare alcun riscontro clinico”.

Questa diagnosi di MSBP è ancora presente nel DSMIV come condizione più grave di un disturbo fittizio ( tra cui è annoverato) ma è inesistente nel DSMV alla pagina solertemente indicata dal CTU. Tale sindrome infatti manca del tutto nell’ultima edizione del DSM evidentemente  perché considerata come non sostenuta da dati scientifici sufficienti.

Fonte:”La manipolazione del processo attraverso le perizie (Trib. Cosenza, 29/7/2015)”

Spieghiamo meglio che cosa scrivono gli autori dell’articolo: stanno accusando il magistrato e il CTU di aver falsamente citato una pagina del DSM5 per descrivere un disturbo che non è più menzionato nel manuale diagnostico. E’ un’accusa molto grave. Ma è veramente così?

E’ facile verificarlo, basta prendere il manuale e andara a pagina 375. Riportiamo più sotto anche la copia fotografica della pagina incriminata dove si può leggere:

Disturbo fittizio provocato ad altri (precedentemente, disturbo fittizio per procura)

A. Falsificazione di segni o sintomi fisici o psicologici o induzione di un infortunio o di una malattia in un altro individuo associata ad un inganno accertato.

B. L’individuo presenta un’altra persona (vittima) agli altri come malata, menomata o ferita.

C. Il comportamento è palese anche in assenza di vantaggi esterni.

D. Il comportamento non è meglio spiegato da altro disturbo mentale, come il disturbo delirante o altro disturbo psicotico

Fonte: DSM-5 Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, pagina 375

Quindi il disturbo fittizio per procura del DSM-IV ha cambiato nome nel DSM5 e adesso si chiama “disturbo fittizio provocato ad altri”. Il termine “Sindrome di Munchausen per procura” individua lo stesso disturbo, incluso sia nel DSM-IV che nel DSM5, come si può evincere perfino da una fonte come Wikipedia.

Ma perché gli autori dell’articolo che accusa magistrati e CTU di manipolare le sentenze usano un’argomentazione così pretestuosa (che suonerebbe più o meno “se l’esatto termine ‘sindrome di Munchausen per procura’ non c’è nel manuale, allora il disturbo non esiste”)? Probabilmente perché non hanno altro da dire. Oppure, chissà, sono ancora fermi ad una arcaica concezione della conoscenza per cui la parola contiene l’essenza della cosa che descrive. Delle due l’una: o sono dei primitivi, o sono in malafede.

dsm5_pag375

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