“Psicoterapie, percorsi, e altra psicologia spicciola cassati dalla prima sez. civile” – Marco Casonato

CEDAMAbstract:

La sentenza del 1°.7.2015 n. 13506 della Prima sezione della Cass. civile (pres. Forte, rel. Bisogni) pone un drastico argine alla dilagante estensione dell’imposizione di interventi psicologici  intraprocedimentali che è destinato a ripercuotersi non solo nell’ambito divorzile, ma anche in quello minorile e penale. La sentenza in questione tocca tra l’altro i rapporti tra terapeuti e giudici e presenta implicazioni rispetto all’utilizzo della mediazione nei procedimenti giudiziari riguardanti la scissione della coppia.

Fonte: La nuova giurisprudenza civile commentata

La ‘psicoterapia’ o in alternativa il ‘percorso’ – si è preferito un termine di palese derivazione religiosa – prescritti in corso di causa nella realtà di ogni giorno sono costituiti da una serie indeterminata di colloqui guidati da una tecnica indefinibile, condotta persino da una successione di ‘terapeuti’, talora neppure in possesso di specializzazione, che scompaiono via via perché destinati ad altri incarichi, o per astensioni per gravidanza e puerperio. Non è fissato un numero determinato di sedute, una durata definita, una regolarità tecnicamente giustificabile, né è esplicitato di quale tecnica si tratti: prevalgono cioè indefinibili prassi locali sulle tecniche codificate e riconosciute sul piano nazionale e internazionale.

Quello che emerge da questi casi paradigmatici che abbiamo indicato è uno schieramento ampio e confuso di operatori di una moltitudine di servizi pubblici (o convenzionati) animati da uno zelo burocratico e privi di una reale attenzione o conoscenza di ciò che è noto della tecnica di interventi clinici in contesti forensi. Si tratta di interventi sostanzialmente inutili dal punto di vista clinico, incapaci di modificare psicologicamente alcunché o di indurre improbabili ‘maturazioni’ o ‘far guarire da traumi’, ma capaci solo di istituire un nuovo controllo sociale improprio (non previsto dall’ordinamento) capace di accertare esclusivamente la docilità del soggetto a sottomettervisi diligentemente.


Nota della redazione del blog

Quali sono le implicazioni di questa questione con l’alienazione parentale di cui si occupa questo blog?  Uno dei miti sull’alienazione parentale è che sia un problema trattabile con la terapia, ma questo nella migliore delle ipotesi vale solo per i casi meno gravi. Per l’alienazione parentale severa l’unico trattamento è la separazione del minore dal genitore alienante e il suo affidamento al genitore alienato. Procedere a trattamenti terapeutici senza intervenire prima sulla causa aumenta il danno. Infatti il genitore alienante guadagna altro tempo nel corso del percorso di terapia e può consolidare ancora di più la sua manipolazione del figlio. L’airticolo citato mostra anche come questi percorsi terapeutici prescritti dal giudice siano al di fuori di ogni pratica clinica riconosciuta. Così come sono organizzati non potrebbero avere risultati neppure in contesti diversi dall’allienazione parentale, perché violano in principi basilari del lavoro terapeutico.

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