7 marzo 2013 – Il caso di Padova torna sulla stampa nazionale. Il padre del bambino sembra pronto a farsi carico dell’affido esclusivo deciso dal Tribunale dei Minori in quanto il rifiuto del figlio verso il padre pare ormai superato, tanto è vero che i due hanno già passato insieme alcuni fine settimana e il padre frequenta regolarmente la casa dove attualmente risiede il bambino.
Ma il vero problema appare chiaramente la volontà di una dei due genitori di escludere che il figlio possa avere un rapporto sereno con l’altro. Il Corriere della Sera citando il noto film “La guerra dei Roses” sposa la tesi dell’insanabile conflittualità reciproca, come se ambedue le parti avessero l’obiettivo di escludere l’altra.
Ma i fatti riportati sembrano raccontare un’altra storia. Il padre non poteva incontrare il figlio quando questo risiedeva dalla madre e la giustificazione della madre era che il bambino non voleva vederlo. Ora che il bambino accetta di incontrare il padre la madre afferma invece “Leonardo deve dormire nella casa d’accoglienza. Lì dentro sta bene, ma se va dal padre so che sta male.” Ovvero detto in altri termini, è meglio che viva nella struttura piuttosto che dal padre.
Ma poiché il giudice ha deciso per la decandenza della potestà della madre, l’unica possibilità del bambino di avere una vita normale sarà risiedere presso il padre. La madre avrà i diritti di visita normalmente concessi al genitore non collocatario. Non ci sono altre soluzioni. Opporsi al rientro del bambino presso la residenza del padre significa condannarlo a rimanere nella struttura a tempo indeterminato come se fosse orfano.
Dunque guerra dei Roses o incapacità di fare buon viso al cattivo gioco? E chi paga le conseguenze della testardaggine degli adulti?
PADOVA – Guai a te se esci. Guai a te se lo tocchi. Papà M. che un po’ si sente un angelo salvatore e l’altra mattina arriva alla solita casa d’accoglienza, una quieta villetta di tre piani in una zona tranquilla di Padova, pronto a prendere il suo L. per portarselo fuori. Mamma O. che nell’ombra non ci vuole stare e sempre armata di videofonino, oltre che del robusto aiuto dell’anziano padre, si piazza sulla strada sterrata, ben decisa a evitare che l’ugualmente suo L. se ne vada. «Eccoli! Fermo! Non puoi uscire con lui!…». Il papà che afferra il figlio e scappa dentro. La mamma e il suocero che li inseguono fino alla porta vetrata. Urla. Spinte. Qualche pugno. La serratura che scatta. E la rissa da ballatoio dei Roses padovani, lunga quanto gli 11 anni del loro bambino, che si trasforma in una guerra col ponte levatoio: M. barricato nella casa due giorni e due notti, O. e i suoi parenti che si danno il turno a piantonare davanti e tutt’intorno, dormendo in macchina e organizzandosi per i pasti e i bisognini, perché il nemico non trovi un sotterfugio e scappi con la preda d’amore.
Ci mancava l’assedio, nella vita impossibile di questo L. che è diventato il più famoso (video) ritratto di famiglia in un inferno. Lo ricorderete, il bambino conteso che in ottobre scioccò un bel po’ di mondo, in quei tre minuti che lo mostravano scalciante e disperato («zia aiutami!») mentre i grandi lo trascinavano via dalla sua scuola. Oggi il caso finirà per la terza volta davanti ai giudici (di Cassazione) che dovranno stabilire: lasciarlo in quella casa d’accoglienza, dove fu portato dopo il blitz che indignò i tribunali tv dei talk-show, affidato al padre e ad assistenti sociali che possano «resettarlo» nell’affetto «dopo anni in cui è stato cresciuto nel risentimento»? Oppure accogliere il ricorso della madre – «è una privazione inaccettabile, mio papà e mia sorella non l’hanno potuto abbracciare neanche a Natale» -, che per i giudici ha quasi plagiato L. e perciò lo può vedere solo tre volte la settimana, non più di due ore?
L’attesa, i Roses la ingannano come sanno. Dice lei: «Mi sono appostata fuori perché il padre voleva portarselo a casa a dormire. L’ha già fatto almeno sette volte, e invece il tribunale è stato chiaro: ha l’affidamento, non la custodia. L. deve dormire nella casa d’accoglienza. Lì dentro sta bene, ma se va dal padre so che sta male. Io sono tranquilla: il vicequestore m’ha detto di rivolgermi a lui, se ci riprovano a violare le disposizioni». Dice lui: «Volevo solo portarlo a prendere un gelato, com’è mio diritto. Invece lei e mio suocero mi hanno inseguito, minacciato, provato ad aggredirmi. Mio figlio mi negava, per colpa dell’ambiente in cui viveva, dopo questi mesi d’affido mi butta le braccia al collo. Questo è l’ennesimo atteggiamento scellerato della madre: se ci riprova, a impedirmi d’uscire con L., dovrò chiedere la protezione delle forze dell’ordine». Prigioniero di due strani amori che si odiano e lo soffocano, il L. conteso stavolta non ha avuto nemmeno la forza di gridare. Assediato, ammutolito, gli occhi bassi. I suoi nuovi amichetti della comunità, allibiti quanto lui. I bambini ci guardano, si dice. A volte però non ce la fanno.
Fonte: Corriere della Sera
Giacomo
La responsabilità è dei giudici che iniziano col dire “Nell’interesse del minore” ma di fatto non mettono in atto le più semplici ed elementari misure per proteggere il bambino da una madre che non si rende purtroppo conto di fare del male al proprio figlio, infatti nessuna madre che si rendesse conto che una azione si potesse ritorcere contro il proprio figlio la attuerebbe. La madre di questo caso, invece di essere assecondata dovrebbe essere curata, e, se non è possibile curarla almeno sedarla. Questa madre se per un miracolo guarisse e osservasse i fatti accaduti si morderebbe le mani per il rimorso, si annienterebbe per quello che ha fatto cosi come un genitore che per un terribile destino travolgerebbe con la sua auto il proprio figlio.
Purtroppo nella realtà, tutti sanno; in primis gli avvocati ed i consulenti che vedono in queste situazioni, al pari degli avvoltoi,una situazione in cui possono arricchirsi. Ma i GIUDICI perche stanno a guardare? Si noi abbiamo nella mente, quanto si parla di giudici, UOMINI della levatura come FALCONE e BORSELLINO e tanti altri che per il senso della giustizia hanno dato la loro vita per difendere un idea di correttezza giustizia e senso dello stato e ci aspetteremo che fossero almeno simili.
Purtroppo così non è !!!
batman
E’ meglio non prendere posizioni troppo precise sul fatto che “nessuna madre che si rendesse conto che una azione si potesse ritorcere contro il proprio figlio la attuerebbe”. Le madri, le donne, come tutte le persone, hanno limiti morali e non vanno per forza messe sul piedistallo della santità.
Giacomo
Quello che dici è ancora peggio. Sarebbe a dire che “i limiti morali” portano questi genitori a nuocere coscientemente ai propri figli per ottenere i loro impenetrabili ed incomprensibili scopi
batman
Che sia peggio o meglio non fa nessuna differenza. La verità non guarda in faccia al politicamente corretto.
Giacomo
Concordo, pertanto questi genitori vanno tempestivamente fermati sia che siano coscienti di quello che fanno sia che siano psicologicamente obnubilati.
Ovviamente il sapere a quali delle due categorie appartengono ne dovrebbe conseguire un diverso approccio da parte delle istituzioni rappresentate dai giudici!