E’ una vicenda nota alle cronache già dal aprile 2017, tanto è vero che ne parlò il noto blog Ricciocorno (una fonte attendibile sull’alienazione parentale, nel senso a contrario che quando cita un caso per mostrare che NON si tratta di alienazione quasi sempre invece lo è).
Dunque nel 2017 il bambino poco più che 11enne venne trasferito in casa famiglia per sottrarlo alla madre che insisteva per alimentarlo con alimenti per celiachi, benchè non lo fosse. Siccome il padre non era d’accordo lei procedette con la solita procedura basata su accuse.
Sono passati due anni e il GIP di Roma ha disposto il rinvio a giudizio della madre per maltrattamenti e del suo legale per diffamazione. Chissà se il rapporto con il padre in questi due anni si è ristabilito.
(Il Messaggero 17.2.19) Ha perso la patria potestà del figlio per la fissazione del gluten free. E dopo aver allontanato il padre del piccolo con false accuse, sostenendo che fosse un violento e avvelenasse il figlio col glutine, è finita pure a giudizio con l’accusa di maltrattamenti. Dietro all’ossessione che il bambino, ora dodicenne, fosse celiaco (pur non essendolo) si celava, secondo la procura, la volontà di imporgli un rapporto esclusivo, fusionale, coltivato in maniera alienante, che ha comportato la «negazione della bigenitorialità». L’apertura del processo a carico della donna, una professionista romana di 40 anni, è stato disposta, ieri, su sollecito del procuratore aggiunto Maria Monteleone e i pm Maria Gabriella Fazzi e Elena Neri. La mamma a giudizio per maltrattamenti, per lo più psicologici, nei confronti del figlio, – un caso raro in ambito giudiziario – non sarà sola sul banco degli imputati. Il gip Francesco Patrone ha disposto il giudizio anche per l’ex difensore, l’avvocato Carlo P., a cui è contestata pure la diffamazione: avrebbe perseguitato con raffiche di denunce e offese anche sul web i magistrati, gli specialisti e gli operatori della casa famiglia che si sono occupati del caso o del piccolo. «Un bimbo messo al carcere duro». «È impressionante che, come la madre, il bambino si consideri celiaco pur non essendolo», aveva scritto il tribunale per i minori nel decreto che aveva disposto l’inserimento a Villa Betania. I dieci a scuola, la frequentazione di un circolo sportivo esclusivo, le lezioni private di inglese e di tennis (il piccolo ha giocato anche con Fiorello), la casa in un complesso con piscina, non bastavano, secondo i giudici, ad assicurargli serenità. Il bambino parlava del padre indicandolo come «quello» o lo «stupido», ritenedolo pericoloso in quanto colpevole di proporgli panini e pasta. L’uomo, bersagliato da decine di denunce risultate infondate, assistito dagli avvocati Giuseppe Falvo e Federica Mondani, ora sta seguendo un percorso di riavvicinamento al figlio.
Fonte/Credits:Il Messaggero