Che il fenomeno descritto dall’alienazione genitoriale esista è dimostrato proprio dagli esiti paradossali della saggistica contro l’alienazione genitoriale.
Poiché in certi casi le donne vittime di violenza domestica rischiano di perdere contatti con i figli a causa di manipolazione operata dai padri, le operatrici dei centi antiviolenza hanno dovuto confrontarsi con il fenomeno dell’alienazione genitoriale praticata da uomini violenti. Solo che la campagna ideologica avviata contro la teoria dell’alienazione genitoriale aveva reso inopportuno l’uso di schemi interpretativi dell’alienazione genitoriale. La soluzione è stata subito trovata dagli stessi ideologi che avevano orchestrato la campagna ideologica contro il termine alienazione genitoriale. Hanno provveduto a ridenominare il fenomeno con una nuova etichetta.
Un fenomeno quindi quello dell’alienazione parentale che deve essere davvero assai diffuso, visto che ha il privilegio di avere ben due concettualizzazioni teoriche alternative che cercano di descriverlo e spiegarlo. Quale delle due concettualizzazioni dimostri maggiore serietà scientifica è lasciato al giudizio personale del lettore.
E che questa schizofrenia dei critici della PAS sia molto diffusa è dimostrato anche da un noto sito italiano che in una pagina riporta l’allarme di un centro antiviolenza per il caso di una madre che aveva perso il contatto con il figlio manipolato dal padre violento. In altre pagine lo stesso sito sostiene senza alcuna coerenza che l’alienazione genitoriale non esiste.
Le due fonti principali a questo proposito sono la teoria della Maternal Alienation di Anne Morris e la teoria della Domestic Violence by Proxy di Joyanna Silberg.
Fonte: www.alienazionepar.altervista.org
Anne Morris: la teoria della Maternal Alienation
Anne Morris è una ricercatrice Australiana che lavora con l’Università di Adelaide e con il Northern Metropolitan Community Health Service. Ha pubblicato una ricerca finanziata con fondi pubblici anche dal Women’s Health Statewide dal titolo “Working with maternal alienation in domestic/family violence and child sexual abuse”.
Nella sua ricerca Anne Morris sostiene che in alcuni casi la violenza maschile contro le donne arriva fino al punto di riuscire ad indebolire il legame madre-figlio e a trasformare quiindi anche i figli in nemici e persecutori delle loro stesse madri.[3]
«Il progetto di ricerca, condotto nel 1999 (Morris 1999), ha scoperto che in questi casi chi persegue questa violenza maschile contro le donne e i bambini usa una serie di strategie per indebolire deliberatamente il legame madre-figlio. Spesso si tratta del partner della madre o dell padre del bambino e vengono impiegate le stesse tattiche in una serie di diversi contesti abusivi, compresa la violenza domestica e gli abusi sessuali su bambini. L’autore degli abusi usa sia messaggi verbali che azioni concrete per mettere la madre in una posizione per cui anche i figli la possono odiare e disprezzare, insultare e persino commettere abusi su di lei, e ogni azione intrapresa da lei diventa l’ulteriore prova della verità delle dichiarazioni sul fatto che lei merita disprezzo. Questi messaggi non serve siano basate su verità – il loro potere si basa sulla relazione di potere in cui sono trasmessi, sulle figure retoriche usate e sulle risposte emotive che suscitano. Si tratta di propaganda, e operano con forza sui bambini, diventando più credibili della vera esperienza dei bambini sulla loro madre. Entrando in conflitto con le esperienze dei bambini, questi attacchi al senso di realtà dei bambini hanno conseguenze sulla loro salute mentale e sulle possibilità di successivo superamento del problema.»
Secondo la Morris è necessario ridenominare con il termine alienazione materna il fenomeno per contrastare l’uso del termine “sindrome di alienazione parentale” coniato da Gardner e utilizzato dalle associazioni dei padri separati per delegittimare le accuse di violenza e abusto portate dalle donne contro i loro ex partner. Secondo la Morris la teoria dell’alienazione parentale sosterrebbe che sono solo le donne a manipolare i figli contro l’altro genitore, e quindi per dimostrare che ciò che accade invece è l’esatto contrario (cioé che sono gli uomini a manipolare i figli contro le madri) allora va coniato un nuova etichettatura del fenomeno. Per il resto l’articolo procede secondo un percorso molto prevedibile collegando con alla violenza domestica anche i casi di manipolazione e lavaggio del cervello dei figli contro le madri.
Joyanna Silberg e Alina Paterson: la Domestic Violence by Proxy
Joyanna Silberg è coordinatrice del Trauma Disorder Services for Children allo Sheppard Pratt Hospital di Baltimora. Ha scritto assieme ad altri il libro Misinformation Concerning Child Sexual Abuse and Adult Survivors (Haworth Press, 2002). In rete si può reperire un breve saggio pubblicato dal sito Leadership Council con il titolo Domestic Violence (DV) by Proxy:Why Terrorist Tactics Employed by Batterers Are Not “PAS”. L’autrice si riferisce ad una teoria originariamente elaborata da Alina Patersonsecondo cui in numerosi casi di violenza domestica il partner violento usa i figli come sostituto e come strumento per continuare a perseguire il suo scopo di oppressione.[4]
«What these women are describing from their ex-partners is better termed Domestic Violence by Proxy (DV by Proxy), a term first used by Alina Patterson, author of Health and Healing. DV by Proxy refers to a pattern of behavior which is a parent with a history of using domestic violence or intimidation, uses a child as a substitute when he no longer has access to his former partner. Calling this behavior “parental alienation” is not strong enough to convey the criminal pattern of terroristic behaviors employed by batterers.»
Le tattiche della DV by proxy sono le stesse descritte per l’alienazione genitoriale:
«DV by Proxy includes tactics such as: threats of harm to children if they display a positive bond to the mother, destroying favored possessions given by the mother, and emotional torture (for example, telling the child the mother hates them, wanted an abortion, and is not coming to get them because they are unloved). DV by Proxy may also include coaching the child to make false allegations regarding their mother’s behavior and harming or punishing the child for not complying.»
Ma la dottoressa Silberg non ignora il che esista già una teoria che descrive questo fenomeno, ritiene necessario superarla per una serie di ragioni che elenca nel seguito dell’articolo:
«This is very different from “parental alienation syndrome” as described by the late Richard A. Gardner. Dr. Gardner described PAS as an internal process by which a child aligns themselves with a preferred parent to protect themselves from the divorce conflict.»
Infine la Silberg conclude con grande sicurezza come la teoria della sindrome di alienazioen genitoriale non è stata supportata da ricerche affidabili, mentre i comportamenti descritti nella teoria della DV by Proxy possono essere facilmente osservati. Accosta quindi i comportamenti osservati a quelli propri della cosiddetta “Sindrome di Stoccolma” che sempre secondo la Silberg sarebbero del tutto diversi da quelli descritti da Gardner.
L’articolo della Silberg sarebbe rimasto sconosciuto ai più se la nota ricercatrice schierata nel “campo avverso” Amy J. L. Baker non si fosse presa la briga di replicare dal portale Pyschology Today [5]. Amy Baker riconosce che Joyanna Silberg è nel giusto in un solo punto, cioé nel riconoscere che i figli possono essere manipolati da uno dei genitori a rifiutare l’altro. Questa è l’essenza dell’alienazione genitoriale. Tutti gli altri punti portati dalla Silberg per dimostrare che la sua teoria della DV by Proxy sarebbe in grado di spiegare questo fenomeno meglio della teoria dell’alienazione genitoriale vengono accuratamente smontati dalla Baker:
« First, she claims that this is only something that fathers do against mothers as part of an overall program of domestic violence. In making this claim, she denies the possibility that mothers can engage in this kind of behavior and she refuses to accept that it can occur in the absence of other forms of domestic violence. There is not a shred of evidence that alienation only occurs by fathers and plenty of evidence to the contrary. (…)
Second, she claims that calling this behavior “parental alienation” is not strong enough to convey the criminal pattern of terroristic behaviors employed by batterers. This appears to be an aesthetic argument as opposed to a scientific one. I can only ask, “strong enough for what purposes?”
Third, she claims that, “Unlike battering fathers, PAS inducing parents, according to Gardner, are often unconscious of what they are doing.” This is a misstatement as well as over-simplification of reality and of what Gardner wrote about. Gardner wrote about many possible motivational factors that could result in a parent engaging in alienation tactics but as far as I know he never claimed that all alienators were aware of their motives and the likely result of their behavior. Certainly, more recent parental alienation writers have acknowledged the multi-factorial nature of parental alienation and no one claims to know what is in the hearts and minds of all alienators.
Fourth, she writes, “The most dangerous aspect of Gardner’s PAS theory is that that the alienating parent’s behavior is theorized to be so subtle as to be unobservable.” This is both untrue and misleading. No one in the field has made such a blatantly simplistic statement that it impossible to observe any parental alienation behaviors.
Fifth, she dismisses PAS as “overly general” and “not supported by careful research.” While hundreds of articles now exist in dozens of countries documenting and describing parental alienation, there appear to be no published articles on the topic of domestic violence by proxy by the person who created the term, Alina Patterson, or anyone else. The scientific evidence to support the existence of PAS is mounting. In fact, July of last year I passed a Daubert hearing in the state of Massachusetts in which the science underlying PAS theory was thoroughly challenged by the courts, which ultimately decided that to accept the theory as scientifically sound.»
- ↑ Amy J. L. Baker, Adult Children of Parental Alienation Syndrome: Breaking the Ties That Bind, Norton Professional Book, 2007
- ↑ Amy J. L. Baker, Figli divisi. Storie di manipolazione emotiva dei genitori nei confronti dei figli, Saggi Giunti, 2010
- ↑ Working with maternal alienation in domestic/family violence and child sexual abuse online
- ↑ Domestic Violence (DV) by Proxy: Why Terrorist Tactics Employed by Batterers Are Not “PAS” online
- ↑ Amy J. L. Baker, Domestic Violence by Proxy: Getting It Right and Getting It Wrong online
batman
Per la stessa tematica vedi anche:
http://www.alienazionepar.altervista.org
Ildikò
Certo che i bambini sono influenzabili,ma con il tempo,crescendo capiscono anche loro la verità,e lo sapranno dare raggione al padre o al madre.
Ma spesso,anche se non dicono niente ai bambini,loro capiscono cosa sta succedendo,capiscono anche senza parole se tutto va bene o no.
Perchè loro vengono dal genitori,stessa carne e spirito…
Se ce una problema però meglio se viene spiegata ai bambini,hanno diritto di sapere,spiegata nel loro lingua,in un modo dolce,e sempre facendo vedere una via dove si possono risolvere le cose.
Ma anche se ci sono problemi,nessuno non ama così bene i figli,come i genitori.
abc
per fortuna negli Stati Uniti le Class action delle madri vittime di mariti violenti stanno facendo cambiare le cose; vi invito a leggere quanto indicato nel seguente link sui risultati delle class action delle madri che si sono viste togliere i figli dai servizi sociali.
http://www.njcases.com/folio/article/settlement_of_new_york_class_action_lawsuit_gives_new_hope_to_victims_of_do/