LATINA 10 marzo 2015 (www.radioluna.it) – Momenti di tensione questa mattina nella scuola media di Borgo Faiti dove gli assistenti sociali sono intervenuti per prelevare un bambino di 12 anni che deve essere affidato ad una casa famiglia. Una storia che è il frutto di una lunga contesa tra i genitori per l’affidamento del ragazzo e che questa mattina potrebbe vedere una fine grazie all’udienza che si terrà in Tribunale. Davanti ai cancelli della scuola c’erano la mamma, i nonni e altri parenti della donna che hanno in un primo momento cercato di fermare l’operato dei servizi sociali, e lo stesso ragazzo si è rifiutato di seguirli. Sul posto sono intervenuti anche sanitari del 118, Polizia e il magistrato che segue il caso. Il 12enne è assistito anche da un tutore che ha mediato la situazione e convinto il ragazzinoa seguire gli assistenti. Prima ci sono volute ore di trattative. “Mia figlia è rimasta molto scossa da quanto accaduto – ha raccontato la mamma di una compagna di classe del ragazzo – e per noi genitori non sarà facile spiegare che cosa è successo. Ci auguriamo che il giudice decida la cosa migliore per il ragazzo”.
Il caso viene segnalato da un media locale senza altri dettagli, ma dal contesto risulta che il minore conteso, come capita quasi sempre, è anche un caso di alienazione parentale.
C’è da augurarsi che chi prenderà in carico questo caso sappia come comportarsi, perché il semplice allontanamento dal genitore alienante e la collocazione in una cosiddetta “casa famiglia” non basta.
A questo proposito si consiglia di leggere quanto scrive Richard Warshak nel suo articolo “Family Bridges”. Non esistono terapie miracolose per fare cambiare atteggiamento ai minori che rifiutano un genitore. O meglio, esistono nella misura in cui il giudice entra nel gioco e fa valere la sua autorità, come se si trattasse di imporre ad un tossicodipendente un periodo in una comunità di recupero. A quel punto l’azione dei terapeuti può dimostrarsi molto efficace nel mostrare al minore l’insensatezza del suo rifiuto. Ma in assenza della prospettiva di un trasferimento dell’affido del minore dal genitore favorito al genitore rifiutato, il minore persisterà nel suo rifiuto anche se sottoposto a terapie e interventi di sostegno. Questo è il motivo per cui Warshak non accetta questi casi nel suo programma: perché sarebbero candidati al fallimento sicuro. Questa considerazione andrebbe tenuta in evidenza anche in Italia (dove non esiste ancora un programma efficace come Family Bridges) da CTU, assistenti sociali e magistrati quando prescrivono come rimedio all’alienazione parentale grave periodi di terapia o incontri in spazio neutro. Se il minore continuerà a vivere con il genitore alienante questi interventi saranno, nella migliore delle ipotesi, inefficaci, e talvolta cotroproducenti, come è spiegato molto bene nell’articolo di Warshak che invitiamo a leggere attentamente.