
In relazione al proliferare di cause per affido si e’ visto un drammatico aumento di un disturbo raramente riscontrato in precedenza, un disturbo definito SINDROME DA ALIENAZIONE PARENTALE, anche se non presente nel DSM IV TR .
La Sindrome di Alienazione Genitoriale (o PAS, Parental Alienation Syndrome) è una delle più gravi patologie afferenti alla neuropsichiatria infantile e alla psicologia e psicoterapia dell’infanzia e dell’adolescenza.
E’ la patologia da separazione per eccellenza, un disturbo psichiatrico e non solo psicologico, in quanto ricco di sintomi.Insorge tipicamente nei figli a seguito del loro pieno coinvolgimento in separazioni conflittuali tra i genitori, non appropriatamente mediate e in cui il minore non è sufficientemente tutelato dagli specialisti, dai servizi sociali e dagli organi giudiziari. Nel 1985, Richard Gardner, psichiatra infantile e forense, membro del Dipartimento di Psichiatria Infantile della Columbia University di New York, coniò il termine “Parental Alienation Syndrome”(PAS) – tradotto in italiano da alcuni autori (Buzzi, 1997; Gulotta, 1998) col termine “Sindrome diAlienazione Genitoriale” – per designare il disturbo psicopatologico dei soggetti in età evolutiva, frequentemente un’età compresa tra i 7 e i 14/15 anni (1985, 1998b), che costituisce la “risposta distintiva” del sistema familiare sottoposto al trauma della separazione. La PAS è dovuta a duefattori concomitanti. Il primo è la “programmazione” o “indottrinamento” di un genitore – che èafflitto da odio patologico – ai danni dell’altro; comportamento definito come “alienante”. Ilsecondo fattore, che costituisce la principale manifestazione della PAS, è l’allineamento colgenitore più amato (il genitore programmante, che fa il lavaggio del cervello, o che induce la PAS)da parte dei figli, i quali si dimostrano personalmente coinvolti in una campagna di denigrazione –che non ha giustificazione, né è sostenuta da elementi realistici – nei confronti dell’altro genitore, che viene “odiato” (il genitore alienato, denigrato, la vittima, o il bersaglio). In sintesi Richard A. Gardner definisce la PAS:
“ Un disturbo che insorge quasi esclusivamente nel contesto delle controversie per la custodia dei figli. In questo disturbo, un genitore (alienatore) attiva un programma di denigrazione contro l’altro genitore (genitore alienato). Tuttavia, questa non è una semplice questione di “lavaggio del cervello” o “programmazione”, poiché il bambino fornisce il suo personale contributo alla campagna di denigrazione. È proprio questa combinazione di fattori che legittima una diagnosi di PAS. In presenza di reali abusi o trascuratezza, la diagnosi di PAS non è applicabile ».
Spesso si trova un’errata interpretazione nella definizione della PAS tra i magistrati, gli avvocati, i consulenti tecnici, i periti, i medici e gli psicologi, sia in testi sia legali che di igiene mentale. In particolare ci sono molti che usano l’espressione come sinonimo di lavaggio del cervello o condizionamento da parte di un genitore. La cosa ancora più grave è che spesso nelle cause di affido o di segnalazione al Tribunale dei Minorenni non è chiaro che la Sindrome di Alienazione Parentale è un disturbo psichiatrico e non un problema: cioè il bambino ha un grave disturbo. Spesso, di conseguenza, la gestione del bambino non è quella di un paziente sofferente, tra l’altro in accrescimento.Vedremo, infatti, che i servizi sociali ma spesso anche gli stessi psichiatri e psicologi e poi i magistrati, se non bene coordinati, partendo dalla base ch eil bambino ha una malattia, possono peggiorare un disturbo, che ricordiamo, da molti è visto come l’inizio per la grave patologia borderline dell’adulto.
Un’altra premessa da fare è il contributo personale del bambino alla vittimizzazione e persecuzione del genitore designato come bersaglio. Coloro che commettono questo errore non hanno afferrato un elemento estremamente importante che riguarda l’eziologia, le manifestazioni e anche la cura della PAS.L’espressione PAS si riferisce soltanto alla situazione in cui la programmazione parentale si unisce alla rappresentazione da parte del bambino del disprezzo nei confronti del genitore denigrato. Se avessimo a che fare solo con l’indottrinamento da parte del genitore basterebbe semplicemente usare le espressioni lavaggio del cervello e/o programmazione. Poiché la campagna di denigrazione implica la suddetta combinazione,è stato coniato il termine PAS.
PAS E LA VIOLENZA E/O ABBANDONO
L’espressione PAS e’ spesso usata per far riferimento all’animosità che il bambino può nutrire contro un genitore che ha effettivamente usato violenza sul bambino, specialmente per un lungo periodo. L’espressione e’ stata usata in riferimento alle categorie principali di violenza da parte di un genitore: fisica, sessuale ed emozionale. Tale uso indica un’errata comprensione della PAS. L’espressione PAS si può usare solo quando il genitore “bersaglio” non ha evidenziato nessun atteggiamento prossimo al grado di comportamento alienante che potrebbe giustificare la grave campagna di attacco e di denigrazione messa in atto dal bambino. Piuttosto, in casi tipici, la maggioranza degli esaminatori giudicherebbe il comportamento del genitore preso di mira normale e affettuoso o, nel peggiore dei casi, lievemente carente nella capacità genitoriale. E’ l’esagerazione distruttiva di difetti e manchevolezze di scarsa importanza e la presenza di informazioni che il bambino ha sul genitore bersaglio che sono il marchio della PAS. Quando esiste vera e propria violenza, allora l’alienazione di risposta da parte del bambino e’ giustificata e non e’ applicabile la diagnosi di PAS.
LA PAS COME FORMA DI VIOLENZA SUI BAMBINI
E’ importante che chi conduce l’esame, soprattutto i clinici, ma anche i periti si rendano conto che un genitore che inculca la PAS in un bambino commette una forma di violenza emozionale in quanto questa programmazione produce nel bambino non solo una alienazione permanente da un genitore affettuoso, ma anche turbe psichiatriche. In altri termini la pAs, si tiene a ribadire in questo contesto, una turba psichiatrica.
Un genitore che programma sistematicamente un bambino per spingerlo ad una condizione di continua denigrazione e rifiuto di un genitore affettuoso e devoto rivela un totale disprezzo per il ruolo che il genitore alienato ha nell’educazione del bambino. Il genitore alienante determina la rottura di un legame psicologico che potrebbe, nella maggioranza dei casi, rivelarsi di grande importanza per il bambino, nonostante la separazione o il divorzio dei genitori.Questi genitori che esibiscono questi comportamenti alienanti, rivelano un grave deficit nel loro ruolo genitoriale, un deficit che dovrebbe essere preso in seria considerazione dal tribunale nel decidere lo stato di primo affidatario. La violenza fisica e/o sessuale nei confronti di un bambino sarebbe prontamente considerata dal tribunale motivo per assegnare la custodia primaria al genitore che non ha commesso la violenza. La violenza emozionale e’ molto più difficile da giudicare obbiettivamente, specialmente perché molte forme di violenza emozionale sono sottili e difficili da verificare in un tribunale. La PAS è spessissimo non identificata prontamente, e i tribunali farebbero bene a considerarne la presenza come manifestazione di violenza emozionale da parte di un genitore programmatore. In buona fede il tribunale potrebbe peggiorare la sintomatologia psichiatrica del bambino adottando misure “rischiose” sotto il profilo clinico, così come gli assistenti sociali dovrebbero mostrare estrema prudenza nelle decisioni, che devono essere concordate sempre con il medico curante il bambino.
Alcune volte, purtroppo, gli aspetti legali e di gestione assistenziale dell’affidamento o conflitti tra genitori, tribunale e servizi sociali rischiano di peggiorare il quadro clinico del bambino invece di tutelarlo.
Di conseguenza i tribunali, quando valutano i pro e i contro del trasferimento di custodia, fanno bene a ritenere che il genitore che programma una PAS dimostra un grave deficit parentale. Un genitore che provoca una PAS non deve essere automaticamente privato della custodia primaria, ma il tribunale deve tenere conto del fatto che questo atteggiamento sia un grave deficit della capacità parentale, una forma di violenza emozionale, e che ad esso sia data seria considerazione quando viene valutata la decisione sulla custodia.
La PAS è caratterizzata da un gruppo di sintomi che di solito appaiono insieme nel bambino, specialmente nei casi di media e grave entità. Questi includono:
1. Una campagna di denigrazione.
2. Razionalizzazioni deboli, assurde o futili per spiegare la denigrazione.
3. Mancanza di ambivalenza.
4. Il fenomeno del “pensatore indipendente”
5. Sostegno al genitore alienante nel conflitto parentale
6. Assenza di senso di colpa riguardo alla crudeltà verso il genitore alienato e
alla sua utilizzazione nel conflitto legale.
7. La presenza di sceneggiature “prese a prestito”
8. Allargamento dell’animosità verso gli amici e/o la famiglia estesa del genitore alienato.
Generalmente i bambini che soffrono della PAS manifestano la maggior parte di questi sintomi o anche tutti. Ciò accade, in modo quasi uniforme, nei casi di media e grave entità. Tuttavia nei casi lievi è possibile che non tutti gli otto sintomi siano evidenti. Quando i casi lievi si aggravano è altamente probabile che la maggior parte dei sintomi o tutti si manifestino. Questa compattezza ha come conseguenza che tutti i bambini che soffrono di PAS si rassomiglino. E’ a causa di queste considerazioni che la PAS è una diagnosi relativamente “pura” che può facilmente essere fatta da coloro che non abbiano qualche motivo per non voler vedere quello che è proprio davanti a loro. Come per altre sindromi, c’è una causa alla base: una programmazione da parte di un genitore alienante con contributi da parte del bambino programmato. E’ per questo motivo che la PAS è davvero una sindrome, ed è una sindrome secondo la migliore definizione medica del termine.
Commentiamo gli otto sintomi primari nel bambino. Il primo sintomo è lacampagna di denigrazione, nella quale il bambino mima e scimmiotta i messaggi di disprezzo del genitore alienante verso l’altro genitore. In una situazione normale, ciascun genitore non permette che il bambino esibisca mancanza di rispetto e diffami l’altro. Nella PAS, invece, il genitore programmante non mette in discussione questa mancanza di rispetto, ma può addirittura arrivare a favorirla.
Il secondo sintomo è la razionalizzazione debole dell’astio, per cui il bambino spiega le ragioni del suo disagio nel rapporto con il genitore alienato con motivazioni illogiche, insensate o, anche, solamente superficiali. Ad esempio, come scrive Gardner: “non voglio vedere mio padre perché mi manda a letto troppo presto”, oppure “perché una volta ha detto cazzo”.
La mancanza di ambivalenza è un ulteriore elemento sintomatico, per il quale il genitore rifiutato è descritto dal bambino come “tutto negativo”, mentre l’altro genitore è visto come “tutto positivo”.
Il fenomeno del pensatore indipendente indica la determinazione del bambino ad affermare di essere una persona che sa pensare in modo indipendente, con la propria testa, e di aver elaborato da solo i termini della campagna di denigrazione senza influenza del genitore programmante.
L’appoggio automatico al genitore alienante è una presa di posizione del bambino sempre e solo a favore del genitore alienante, in qualunque genere di conflitto si venga a creare.
L’assenza di senso di colpa è il sesto sintomo: questo significa che tutte le espressioni di disprezzo nei confronti del genitore escluso, avvengono senza sentimenti di colpa nel bambino.
Gli scenari presi a prestito sono affermazioni del bambino che non possono ragionevolmente venirne da lui direttamente, come l’uso di parole o situazioni normalmente non conosciute da un bambino di quell’età per descrivere le colpe del genitore escluso.
Infine, l’ottavo sintomo è l’estensione delle ostilità alla famiglia allargata del genitore rifiutato, che coinvolge nell’alienazione la famiglia, gli amici e le nuove relazioni affettive (una compagna o un compagno) del genitore rifiutato.
Il legame col genitore alienato prima che intervenisse il processo di alienazione.
Il genitore alienante, invece di contestare ai figli l’assurdità delle loro affermazioni, ne “rispetta” i sentimenti e ne tollera le ripetute esibizioni di maleducazione e
diffamazione. Ne risulta un atteggiamento adultomorfico dei figli, che li fa sentire come se si fossero rapidamente elevati a rango di eroici adulti, e col quale essi possono far colpo sui coetanei.
Facendo le debite distinzioni, tale fenomeno ha delle analogie con quello delbullismo. Il bullo compie azioni che mirano a dominare, danneggiare, abusare, offendere, minacciare vittime innocenti che sono incapaci di difendersi. Tale comportamento trova origine sia nell’istigazione da parte di adulti che influenzano i ragazzi in tal senso, sia nell’imitazione di un comportamento di altri, sia coetanei che adulti, percepito come vincente.
Ciò è dovuto al fatto che, appoggiando automaticamente il genitore alienante, percepito come il più potente dei due, i figli sentono di acquisire potere, perché si mettono al sicuro dal non subire punizioni e di non fare la stessa fine del genitore vittimizzato, ricalcando il classico schema del meccanismo di difesa, descritto da Anna Freud nel 1936, dell’identificazione con l’aggressore. Se dimostrassero affetto al genitore bersaglio, essi stessi correrebbero il rischio di ritorsioni, quanto
meno la perdita dell’affetto del genitore alienante (Montecchi, 1994).
Come vedremo più oltre, vi sono anche diversi punti di convergenza tra la dinamica della PAS e quella del mobbing.
Nonostante la maggior parte dei genitori bersagliati dalla PAS non facciano granché per meritarsi le sofferenze che vengono loro inflitte dai figli, tuttavia, una minoranza di loro, con la passività, contribuisce al consolidamento della PAS. Essendo senza difesa, denigrati, derisi ed ignorati impunemente, i genitori alienati diventano delle vittime ideali. Finiscono con l’aver paura adintraprendere qualunque azione, divenendo così, agli occhi dei figli, genitori delegittimati. Normalmente, il genitore bersaglio ha avuto un rapporto affettuoso coi figli, o una
minima carenza nelle sue capacità genitoriali. Il marchio caratteristico della PAS è l’esagerazionedi difetti marginali e di minime mancanze. Alla denigrazione, qualora non sia stata sufficiente aspezzare il legame affettivo tra il genitore bersaglio e i figli, si possono aggiungere anche le false dichiarazioni o le denunce (anche di abusi sessuali). Spesso le false denunce possono cadere anche sugli psicologi o psichiatri curanti, accusati di “avere fatto il lavaggio del cervello” al figlio. Addirittura qualche genitore denuncia anche il terapeuta, con l’appoggio di qualche collega, di “Pas al contrario”, soprattutto quando il bambino viene distaccato dal genitore alienante e comincia ad esprimere i propri pensieri.
Tra gli effetti – sia a breve che a lungo termine – sui figli, si sono riscontrati (Gulotta, 1998):aggressività, tendenza all’acting-out, egocentrismo, futuro carattere manipolatorio e/omaterialistico, comportamenti autodistruttivi, ossessivo- compulsivi e dipendenti, narcisismo; falsosé, disturbi psicosomatici, alimentari, relazionali, scolastici e dell’identità sessuale; eccesso dirazionalizzazione, confusione emotiva o intellettiva, bassa autostima, depressione, fobie,regressione.Anche Gardner elenca un ventaglio di alterazioni psicopatologiche che possono colpire i figli, e chevanno dalla mancanza di rispetto per le autorità, al narcisismo, all’indebolimento delle capacitàempatiche, fino a giungere alla compromissione dell’esame di realtà, e alla paranoia. Sia per igenitori alienanti che per i figli possono diagnosticarsi (DSM IV, 1994; Gardner, 2002a) il DisturboPsicotico Condiviso (folie à deux) o il Problema Relazionale Genitore-Bambino. Mentre, per ilgenitore alienante, sono riscontrabili il Disturbo Delirante, in particolare quello Tipo diPersecuzione, o i Disturbi di Personalità Paranoide, Narcistico e Borderline. Per i figli, invece, sonoriscontrabili i Disturbi della Condotta, o d’Ansia di Separazione, o Dissociativo NAS, oppure tutti itipi di Disturbi dell’Adattamento.
Poiché ciascun tipo di PAS (lieve, moderato o grave) richiede approcci giuridici e terapeuticidifferenti, é importante che venga condotta un’appropriata valutazione diagnostica preliminare.
Modelli comportamentali dei genitori.
Solitamente, i genitori alienanti sono poco collaborativi nel sottoporsi a valutazioni, poco attendibili nei loro resoconti, bisognosi di fare continueiniezioni dirichiamo per ricordare ai figli i maltrattamenti subiti, premurosi nel proteggere i figli dai pericoli del genitore bersaglio, anche quando si tratti di contesti protetti, e denunciano i presunti abusi solo dopo la separazione. I genitori di figli realmente abusati dal genitore respinto, invece, tendenzialmente, lasciano che i figli ricordino spontaneamente gli abusi subiti, riconoscono il rischio dell’indebolimento del rapporto tra il genitore abusante ed i figli, che fanno di tutto per ripristinare in condizioni protette; infine, la denuncia degli abusi risale ad un periodo di molto
precedente alla separazione. I genitori bersaglio della PAS, abitualmente, sono attendibili nei loro resoconti, si sono sempre preoccupati del benessere familiare, e le denunce di abuso riguardano solo i figli, non gli altri familiari. I genitori rifiutati e realmente abusanti, al contrario, di solito, sono poco attendibili nei loro resoconti, si sono preoccupati poco del benessere familiare; e la denuncia di abuso si estende anche ad altri membri della famiglia.
Le gravi psicopatologie, secondo Gardner, alle quali il bambino può andare in contro sono:
- esame di realtà alterato;
- narcisismo;
- indebolimento della capacità di provare simpatia ed empatia;
- mancanza di rispetto per l’autorità, estesa anche a figure non genitoriali;
- paranoia;
- psicopatologie legate all’identità di genere;
- disturbo borderline.
Patologia dei genitori.
I genitori rifiutati e realmente abusanti soffrono di tendenza all’impulsività
(acting-out), all’esplosione violenta di rabbia, e tendono maggiormente alla paranoia rispetto allapopolazione in generale. I genitori alienanti condividono con i precedenti la tendenza alla paranoia; mentre i genitori alienati, solitamente, hanno un normale autocontrollo, e le eventuali esplosioni di rabbia sono conseguenti al rifiuto, alla frustrazione e al senso di impotenza generato
dalla ostilità dei figli.
Proprio a proposito di quest’ultimo aspetto, si possono facilmente rilevare dinamiche comuni a quanto avviene col mobbing nel lavoro (Giordano, 2004). Infatti, il genitore denigrato viene sottoposto ingiustamente, e spesso subdolamente, allo stress dell’avversione dei figli, per poi essere mobbizzato dal genitore alienante, nel momento in cui perde il controllo e reagisce con
esasperazione. Il genitore alienante ridefinirà le reazioni del genitore alienato come disturbo psicopatologico e le utilizzerà, sia in sede giudiziale che davanti ai figli, come argomentazione per dimostrarne l’inidoneità genitoriale.
Fattori extrafamiliari di consolidamento della sindrome
Esaurite le capacità autonome di contenimento del disagio di coppia, i genitori si rivolgono all’esterno. I parenti e gli amici possono diventare facilmente istigatori del conflitto, o utili consiglieri, se non addirittura promotori di capacità di riflessione. Ma è estremamente difficile nei casi di conflittualità familiare rimanere neutrali ed evitare il peggio, anche per i professionisti e per coloro che svolgono ruoli istituzionali. Costoro, se non sono adeguatamente preparati, corrono ilrischio di farsi suggestionare, schierandosi a favore dell’una o dell’altra fazione (Gardner, 2002b).
Gli avvocati lavorano in un ambito tipicamente basato sul conflitto, e pertanto inadatto a risolvere le difficoltà delle famiglie in crisi (Waldron, Joanis, 1996). Solitamente, gli avvocati difettano di conoscenze psicologiche; non sempre riescono a rendersi conto della distorsione delle dichiarazioni dei loro clienti, e possono ben colludere inconsciamente con atteggiamenti che ad uno psico-professionista apparirebbero patologici(Salluzzo, 2004a).
Naturalmente, il mandato dell’avvocato non è quello di diagnosticare una verità psicologica, bensì quello di delineare una verità processuale tale da far prevalere, all’interno della contesa giudiziaria, gli interessi delproprio assistito.
In conseguenza di ciò, le versioni di parte hanno spesso un tasso di distorsione così elevato, chealcuni autori parlano di “fattoidi” (de Cataldo, 1997) per designare quanto riferito da chi è sottoposto a interrogatori o perizie in ambito giudiziale.
Ciononostante, laddove venga paventato il rischio di maltrattamenti o abusi, spesso gli operatori dei servizi sociali, suggestionati dal rischiodi lasciare indifesi dei soggetti deboli, si allarmano e attivano i canali di protezione del minore; e i magistrati, anche quando chiamati ad intervenire da uno dei genitori, non solo sono costretti aprendere provvedimenti limitativi contro il genitore incriminato, e nello stesso tempo prenderli verso il genitore incriminante, nella massima preoccupazione, I giudici possono essere preoccupati del rischio di lasciare liberi di agire dei soggetti pericolosi e possono anche colludere col vittimismo/allarmismo degli accusatori, e condannare anche dei genitori innocenti (Gardner, 2002b) o viceversa ritenere infondate le accuse del genitore accusante e vederlo come manipolativo. Può anche succedere che gli psicologi o psichiatri dei servizi pubblici insieme ai servizi sociali colludano con uno dei genitori, inducendo traumi nel bambino, come per esempio metterlo in una casa famiglia distaccandolo dal genitore alienato.
Interventi terapeutici al confine tra psicologia e giustizia
La riuscita di un intervento sulla PAS richiede la collaborazione congiunta sia degli psicotearpeuti, psicologi e psichiatri, che degli operatori della giustizia (Waldron e Joanis, 1996). Il modello terapeutico di Gardner (1999b) prevede un approccio integrato tra disposizioni del tribunale ed interventi psicoterapeutici.
Nei casi di PAS di tipo lieve, solitamente, non è necessario alcun intervento psicologico, ma basta rassicurare il genitore alienante che manterrà l’affidamento.
Nei casi di PAS di tipo moderato, che sono i più comuni, il tribunale deve stabilire un sistema di sanzioni efficaci che non deve esitare ad infliggere al genitore alienante, qualora tenti di sabotare il programma terapeutico concordato con lo psicoterapeuta. Le sanzioni sono di grado crescente, fino ad arrivare al carcere.
La psicoterapia con i figli adotta principi simili a quelli delladeprogrammazione (deprogramming) attuata con i prigionieri che sono stati indottrinati dalla propaganda nemica, subendo il lavaggio del cervello, al punto di arrivare a manifestare una pubblica avversione verso il loro paese d’origine. Lo psicoterapeuta deve imparare a non prendere troppo sul serio le lamentele dei figli, e capire che accontentare eccessivamente i loro desideri di respingere il genitore alienato non va nel loro interesse. Naturalmente, la migliore terapia consiste nel dare ai figli la possibilità di sperimentare, in una frequentazione priva di ostacoli ed influenzamenti del genitore alienante, che il genitore alienato non è così disprezzabile o pericoloso, come loro pensano. Il genitore alienato, invece, è spesso alquanto confuso a proposito di cosa stia accadendo, e incapace di gestire il rapporto coi figli. Quanto più riceverà informazioni e spiegazioni sul
meccanismo della sindrome, tanto più riuscirà a ben orientare le sue reazioni nei confronti delle ostilità dei figli. Innanzi tutto, deve essere rassicurato rispetto alla paura di non essere più amato dai figli. Paradossalmente, è proprio la loro animosità che deve rassicurarlo e fargli comprendere che, finché lo odieranno, egli non gli è del tutto indifferente. Inoltre, il genitore alienato deve
essere aiutato a “indurirsi”, a “tener duro”, e a non prendere seriamente le svalutazioni dei figli. Deve essere aiutato a capire che l’ostilità è una sceneggiata in favore del genitore programmante, dovuta alla paura di inimicarselo, specialmente se esprimessero affetto verso il genitore alienato.
Ciò può essere visto come un meccanismo di difesa (Waldron e Joanis, 1996) che ha la principale funzione di proteggere il livello di autostima del genitore alleato coi figli, e serve a sostenerlo nell’affrontare la separazione. Il genitore bersagliato deve capire che, nonostante dimostrino avversione, tuttavia i figli ancora accettano di incontrarlo, e che potrebbe essere peggio, se non lo
facessero. Infine, deve essere aiutato a distogliere i figli dalle provocazioni, ad evitare le lunghe ed estenuanti polemiche, ritornando, invece, con i ricordi, ai periodi in cui il loro rapporto era sereno e felice.
Nei casi di PAS di tipo grave (Gardner, 1998a), che rappresentano una piccola minoranza (dal 5 al 10% circa), il conflitto di lealtà del bambino risulta così acuto da rendere impossibili gli incontri. I figli dimostrano di avere una relazione di folie à deux con il genitore alienante, condividendone le idee paranoidi. E’ necessario allora, per Gardner, mettere in atto la misura giudiziaria più severa:
trasferire l’affidamento e la residenza del figlio nella casa dell’altro genitore, o se l’affidamento lo ha già il genitore alienato allontanare il genitore alienante. Qualora il bambino non viva col genitore alienato a tal fine, sotto la guida di uno psico-professionista, è opportuno provvedere ad una sistemazione intermedia dei figli in un luogo di transizione (Transitional Site), piuttosto che il trasferimento diretto dei figli nella casa del genitore odiato. Il Transitional Site Program non preclude la possibilità che il genitore alienante ritorni ad acquisire, infine, lo stato di affidatario primario. E’ prevista l’espansione delle opportunità di accesso ai figli, in rapporto a quanto potrà ridurre il suo tasso di induzione della PAS.
Gardner (1998a) insiste sulla necessità di affrontare la PAS attraverso una serie di interventi psicoterapeutici e psichiatrici e provvedimenti giudiziari, integrati e modulati a seconda della gravità della sindrome. Il suo approccio prevede delle sanzioni specifiche di livello crescente contro il genitore alienante, fino ad arrivare, nei casi più gravi, al trasferimento dell’affidamentoe della residenza del figlio nella casa dell’altro genitore, o se già vivente col genitore alienato, allontanare o incontrare protettivamente il genitore alienante. Laddove i tribunali si rifiutino di adottare tali provvedimenti, Gardner non vede la possibilità di trattare efficacemente la PAS.
E’ bene sottolineare, non solo la palese inadeguatezza, ma addirittura la pericolosità del contesto giudiziario nel trattare la conflittualità familiare. Tanto che potremmo definire la PAS una patologia iurigena (Salluzzo, 2004a). Detto ciò, non si può nascondere che è difficile per chiunque rimanere neutrali nelle dispute sull’affidamento – anche per gli psicoterapeuti – e cadere in agiti difensivi.
Infatti, è elevato il rischio degli psicoterapeuti non formati, di consolidare la sindrome, invece di curarla; questo è frequente soprattutto se poi gli psicoterapeuti curanti sono gli stessi che operano nei servizi sociali, di farsi manipolare quando i colloqui avvengono solo col genitore alienante e col figlio indottrinato, e quando si tenga conto solo delle loro dichiarazioni (Lamontagne, 1998). Così come, quando le informazioni dello psicoterapeuta provengono da una sola parte, si evidenzia il rischio diconsolidare nel figlio la convinzione dell’esistenza di un genitore buono ed uno cattivo (Lund,1995). Lo psicoterapeuta deve rimanere ancorato alla visione reale del problema attraverso lo studio dei sintomi che il bambino manifesta!
Tra legge e cure è fondamentale che ci sia una comunicazione costante, tra lo psicoterapeuta psicologo e psichiatra e i giudici, altrimenti ogni intervento potrebbe divenire inefficace. Qulora, poi, ci fosse in corso una perizia, il perito deve tenere conto del fatto che il bambino ha un disturbo mentale e non può condurre la perizia come negli altri casi di affido.
Terapie
Come qualunque altra patologia, anche la PAS può presentarsi, nel momento diagnostico, con differenti livelli di gravità (PAS di grado lieve; di grado moderato; di grado grave) a seconda dell’intensità e dell’efficacia della programmazione. È responsabilità del terapeuta scegliere l’approccio adeguato: a seconda di quanto appropriata sarà (o meno) la terapia scelta, la PAS potrà infatti evolvere:
- nel senso risolutivo (scomparsa dei sintomi e remissione completa);
- nel senso migliorativo (con sollievo sintomatologico e remissione parziale);
- nel senso di una stabilizzazione (in costanza di gravità della sintomatologia);
- nel senso peggiorativo (aggravamento della patologia, fino allo stato di “morte vivente” – Gardner – della relazione fra genitore alienato e figlio).
L’arma migliore sta comunque nel coordinamento tra lo psichiatra/psicologo psicoterapeuta, i servizi sociali, la magistratura e gli avvocati. Se queste figure agiscono autonomamente senza comunicazione è certo l’insuccesso della psicoterapia e il peggioramento del quadro clinico. Diventa basilare, ribadiamo, che le figure non mediche e psicologiche comprendano che ci si trova di fronte a patologia psichiatrica.
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