“PAS: DECISIONE GARDNERIANA” di Rita ROSSI – Persona e danno

rossia(4-1-2016) Periodicamente, grazie ai giudici più attenti e sensibili, riaffiorano pronunce sulla PAS (alienazione parentale).

Ricorderete la querelle, in seno alla stessa Corte di Cassazione, sulla rilevanza del fenomeno; querelle che non ha certo agito da deterrente rispetto ai comportamenti alienanti dei genitori malevoli.

L’ultima pronuncia di merito in argomento è della Corte d’Appello di Catanzaro, pubblicata pochi giorni prima di Natale (18.12.2015).

E’ una sentenza che fa luce sotto più profili, e non risparmia parole ed aggettivi per descrivere la negatività del comportamento materno, comportamento che – osserva la Corte calabrese – rende la donna incapace di esercitare la responsabilità genitoriale insieme al padre; giustificando così l’affidamento esclusivo dei bambini all’altro genitore.

Rispetto alle decisioni in materia che l’hanno preceduta, questa spicca, a mio parere, per la soluzione adottata in concreto (il merito in realtà va, ancor prima, al tribunale di Cosenza che ha quiricevuto conferma). Spesso, infatti, anche i provvedimenti più stigmatizzanti cadono proprio lì, quando si tratta di rispondere alla domanda: “Ebbene, che si fa di fronte ad una PAS conclamata?”

E non soltanto i due fratellini vengono affidati all’altro genitore, ma anche collocati in un ambiente di compensazione (per sei mesi) per passare poi alla collocazione presso il padre, con diritto della madre di vederli alla presenza degli assistenti sociali: “questo tipo di collocazione è stata prevista proprio al fine di un graduale e meno traumatico possibile recupero dei rapporti tra padre e figli e, al tempo stesso, allo scopo di consentire il ripristino di un sano coinvolgimento affettivo di (…) e (…) con entrambi i genitori”.

Se non ricordo male, è la prima volta che un giudice italiano punta dritto e risolutamente ad una soluzione di stampo gardneriano.

Per il nutrito elenco di comportamenti alienanti Vi rimando alla sentenza che vale certamente la pena di essere letta nella sua interezza.

Sul piano probatorio, la credibilità di questa decisione poggia su un’istruttoria accurata e completa svolta in primo grado e fatta di accertamenti svolti dai servizi sociali, CTU, ascolto diretto dei bambini, considerazione del contegno processuale della madre: un kit completo, insomma, che oltre a far emergere le specifiche condotte alienanti, ha posto in evidenza il malessere dei due bambini, rilevato da tutti coloro che si sono a loro relazionati. Leggiamo: “La situazione di disagio e di angoscia è ancora più evidente nel piccolo… che, in generale, tende ad uniformarsi agli atteggiamenti della sorella. Nel momento in cui è stato ascoltato dal giudice ha ammesso che il padre “un pochino, pochino, pochino gli manca” e dicendo ciò si scherniva, abbassava lo sguardo, abbozzando un sorriso. … Ha difficoltà ad esternare la sua più intima volontà di avere contatti con il padre. Il suo indugiare e le sue modalità espressive sono sintomatici di una profonda tensione ansiosa che gli impedisce di comunicare ed esplicitare il suo affetto per il padre. Inoltre i bambini non riconoscono… come papà. Questo è il dato più palese dell’allontanamento reale di….e…dalla figura paterna che , invece, deve sempre (…) costruire un punto di riferimento dei due figli.

Dieci e lode, dunque, a questa bella sentenza che dice ‘pane al pane’ e ‘vino al vino’, precisando che ciò che interessa non è tanto il riconoscimento o meno della PAS sotto il profilo medico-scientifico, ma piuttosto il concreto atteggiarsi dei rapporti genitori -figli.

Rita Rossi

Fonte/Credits: http://personaedanno.it/

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