La Sindrome di Medea

A cura della dott.ssa Agata Gallo.

La Medea di Euripide è una delle più disperate ed eroiche tragedie greche: è l’esempio classico di ratio e furor, mens e cupido.

Medea è figlia della maga Circe, dalla quale eredita i suoi poteri magici. Innamoratasi di Giasone, lo aiuta ad impossessarsi del vello d’oro arrivando persino ad uccidere il proprio fratello, in modo che il padre, intento a raccogliere i resti del figlio, non possa impedire la fuga degli Argonauti e di Medea stessa, che in seguito sposerà il suo amato.

L’irriconoscenza di Giasone fa sì che questo, dopo qualche anno, ripudia Medea, innamorandosi di un’altra donna giovane e bella e mostrando il suo interesse a sposarla: Medea si tormenta dal dolore e prepara la sua vendetta fingendo una riconciliazione: tesse il vestito di nozze per la nuova moglie intriso dei più mortali veleni, la poveretta morirà appena indossato tra le più strazianti grida. La vendetta di Medea non si arresta, lacerata dall’odio uccide anche i propri figli, come discendenza e sangue di Giasone, baciandoli prima più volte.

L’uccisione dell’innocente è il fatto di cronaca più impressionante nella nostra civiltà, specialmente quando a commetterlo sono le stesse madri: il caso si riempie di psicologi e psichiatri in cerca del seme della follia che ha fatto nascere la malattia mentale, a sua volta interpretata come causa, movente e attenuante.

La Sindrome di Medea viene menzionata solamente in relazione al dramma dell’uccisione dei figli.  Jacobs (1988) invece metaforizza l’uccisione, definendo come “Complesso di Medea” il comportamento materno finalizzato alla distruzione del rapporto tra padre e figli dopo le separazioni conflittuali:  così l’uccisione diventa simbolica e ciò che si mira a sopprimere non è più il figlio stesso ma il legame che ha con il padre.

L’abuso emotivo nei confronti dei figli inizia quando, durante una separazione conflittuale, gli ex coniugi coinvolgono i propri figli in una “gara di lealtà” (Byrne, 1989) forzandoli a scegliere il genitore preferito, a parteggiare, a formare una nuova famiglia chiusa con uno solo dei genitori; nei soggetti di età compresa tra i 9 e i 12 anni questo fenomeno è stato definito “allineamento del minore con un genitore” (Wallerstein e Kelly, 1980): subdolamente i genitori trattano come confidenti i figli costringendoli ad una innaturale scelta, con la finalità di escludere l’ex coniuge dalla loro vita.

Le madri sono genitori “alienanti” molto più frequentemente di quanto lo siano i padri (Gardner, 1988), terminologia ripresa dalla PAS (Parental Alienation Syndrome), la Sindrome di alienazione genitoriale (Buzzi 1997, Gullotta 1998), ovvero indottrinanti e afflitte da odio patologico ai danni dell’altro, prese in una campagna denigratoria non sostenuta da elementi realistici. Naturalmente è fondamentale il ruolo svolto anche da tutti coloro, familiari e non, che si schierano dalla parte del genitore alienante (Gardner, 1985).

Purtroppo l’esposizione ripetuta ad abusi in età evolutiva in questo senso, può determinare la comparsa di alcuni meccanismi di difesa propri della patologia borderline, per esempio l’onnipotenza, la svalutazione e la dissociazione (Burgess, 1987), oppure altri effetti a lungo e breve termine riscontrati sui figli, come aggressività, egocentrismo, futuro carattere manipolatorio, comportamenti autodistruttivi, falso sè, disturbi alimentari, depressione e scarso rendimento scolastico (Gullotta, 1998).

Le madri Medea sono afflitte da gelosia patologica e, nel trattare la gelosia come un sentimento, non si può non sottolineare il carattere intenso e la sua progressiva intensificazione, oppure considerla anche come una passione (visto che deriva dal greco “patire”, pathêin), in quanto il geloso non agisce, ma subisce (van Sommers, 1993), o più precisamente prima di agire subisce.

Evidentemente l’attore principale di questa nuova tragedia moderna è la forza del fantasma della perdita, che risiede in ogni individuo e nel proprio vissuto di mancanza; così se il partner sentimentale è il rappresentante simbolico dell’Altro, e se è il riconoscimento da parte dell’Altro (quindi del partner) che caratterizza il soggetto e lo rende unico, è inevitabile che in una situazione di promiscuità del partner il fantasma della perdita si ripresenti puntuale, mantenendo il soggetto sotto costante minaccia di annientamento, riversabile facilmente prima verso il partner, poi verso il suo simbolo: i figli.

E se la gelosia è comunemente considerata il sale della vita, l’unico interrogativo che rimane quando questo sale ha una pressione tale da far scoppiare la saliera, è quello di riuscire a trovare il modo di ri-contenerlo nella maniera più efficente e salvifica.

“La gelosia nasce sempre con l’amore, ma non sempre muore con lui.” (Francois de La Rochefoucauld )
“A mio parere, studiando i disturbi più gravi potremo illuminare anche ciò che rimane oscuro nella spiegazione dei disturbi più leggeri.” (S. Freud)

Bibliografia
American Psychiatric Association (1994) DSM-IV- Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorders, 4th ed.
Medea (431 a.C.), di Euripide
Münchausen Syndrome by Proxy, (1982), Meadow SR., Archives of Disease in Childhood, 57.
La gelosia un approccio a più livelli, Francesco Albanese.
Le famiglie maltrattanti, (1989), Cirillo S., Di Blasio P., Milano, Cortina.
La sindrome di alienazione genitoriale, Buzzi I. (1997).
La sindrome di alienazione genitoriale (PAS): psicopatologia e abuso dell’affidamento nelle separazioni, Mario Andrea Salluzzo
Le famiglie maltrattanti, (1989), Cirillo S., Di Blasio P., Milano, Cortina

Medea (431 a.C.), di Euripide
Münchausen Syndrome by Proxy, (1982), Meadow SR., Archives of Disease in Childhood, 57.

Separazione, divorzio e affidamento dei figli, Giuffré, Milano, II Ed., pp 177-188.
Otello e la mela. Roma, D’Urso, V. (1995).  La Nuova Italia Scientifica

[fonte: http://www.glipsicologi.info/wordpress/la-sindrome-di-medea.html]

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10 Comments

  1. […] La Sindrome di Medea viene menzionata solamente in relazione al dramma dell’uccisione dei figli.   Jacobs (1988) metaforizza l’uccisione, definendo come “Complesso di Medea” il comportamento materno finalizzato alla distruzione del rapporto tra padre e figli dopo le separazioni conflittuali:  così l’uccisione diventa simbolica e ciò che si mira a sopprimere non è più il figlio stesso ma il legame che ha con il padre. […]

  2. […] La Sindrome di Medea viene menzionata solamente in relazione al dramma dell’uccisione dei figli.   Jacobs (1988) metaforizza l’uccisione, definendo come “Complesso di Medea” il comportamento materno finalizzato alla distruzione del rapporto tra padre e figli dopo le separazioni conflittuali:  così l’uccisione diventa simbolica e ciò che si mira a sopprimere non è più il figlio stesso ma il legame che ha con il padre. […]

  3. emma

    L’irriconoscenza di Giasone fa sì che questo, dopo qualche anno, ripudia Medea…

    …e con Medea anche il congiuntivo

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