Alienazione genitoriale come violenza psicologica – Centro interuniversitario di ricerca Transcrime

Nel rapporto sulla sicurezza di Transcrime dedicato alla violenza e ai maltrattamenti in famiglia l’alienazione genitoriale è trattata come una forma di violenza psicologica contro i minori e contro il genitore bersaglio.

Lo studio fa un cenno anche ad alcune discussioni care ai “negazionisti”. Infatti la presunta natura controversa delle teorie sull’alienazione genitoriale viene respinta in poche righe: “Non si può rispondere ad una realtà clinica ed alla sofferenza di molti bambini coinvolti e manipolati nella separazione come fa Romito [2005 81] dicendo che è “un’invenzione” e che non esistono false denunce di abuso nei casi di separazione. Si dovrebbe rispondere con un’adeguata sensibilità, una specifica formazione ed una posizione a-ideologica e di schieramento nei confronti dell’uno o dell’altro.

Per il resto l’alienazione genitoriale viene ampiamente discussa come forma ben nota e studiata a livello accademico di violenza psicologica. A dimostrazione di un approccio estremamente equilibrato va fatto notare come lo studio introduca l’alienazione genitoriale nel capitolo sulle violenze fisiche in corso di separazione quando l’affido condiviso dei figli può fornire a uomini violenti uno strumento di pressione sulla donna. “In questo senso l’affidamento condiviso aumenta la necessità di contatti e di scambio tra gli ex-coniugi e quindi le possibilità del perpetrarsi delle violenze e del controllo“. La ricercatrice Daniela Pajardi però non si limita a questa constatazione. “In parallelo a questo fenomeno esiste un rischio opposto, quello delle mogli che sporgono una denuncia enfatizzata o pretestuosa di violenza fisica e/o sessuale da parte del marito su di sé o sui figli nella fase di separazione, al fine di limitare o evitare l’incontro padre-figli. Questa situazione che ha portato alla definizione di una categoria diagnostica, la cosiddetta SLA “sindrome da alienazione parentale” è una realtà conosciuta e presente nelle aule dei Tribunali, negli studi degli avvocati e dei consulenti tecnici del giudice.

Nel capitolo espressamente dedicato alle forme di violenza psicologica la ricercatrice Melania Scali descrive l’alienazione genitoriale. “In merito alla violenza psicologica ai danni di un minore, la casistica nota ci consente di dire che la maggior parte degli autori di questo tipo di violenza è un adulto con funzione di accudimento, prevalentemente una donna. I bambini vittime di queste situazioni sono in un’età particolarmente delicata (0-10 anni). In particolare, per i casi di Sindrome di Alienazione Genitoriale chi ha un ruolo attivo nella definizione di tale condizione è la madre e le vittime sono bambini, in media, tra i 6 e gli 8 anni. Sia nel caso dell’abuso emotivo, sia di patologia delle cure e di Sindrome di Alienazione Parentale si tratta di situazioni trasversali da un punto di vista socio-economico.

Per quanto attiene alle situazioni relative alla Sindrome di Alienazione Parentale, ci sono da una parte genitori alienanti completamente ignari del loro stato emotivo, della motivazione per alienare, o degli effetti del loro comportamento (inconscio); dall’altra parte del continuum, ci sono genitori che intendono assolutamente legare il bambino a sé in una relazione esclusiva e che sono espliciti tanto nelle loro asserzioni quanto nel comportamento.

Si suole distinguere tre tipi principali di genitori alienanti: quelli ingenui (sono genitori passivi rispetto alla relazione dei bambini con l’altro genitore, i quali però, occasionalmente, fanno o dicono qualcosa per alienare o per rinforzare l’alienazione; la maggior parte sono ignari circa quello che stanno facendo e fondamentalmente senza intenzioni malevoli), quelli attivi (usano delle strategie che permettono loro di “alienare” meglio; il loro problema maggiore è che l’odio e la collera che sentono nei confronti dell’altro genitore crescono e si aggravano continuamente) e quelli ossessionati (raramente hanno sufficiente autocontrollo e quasi mai intuiscono che il loro comportamento sta danneggiando i bambini, tanto è che spesso si sentono giustificati poiché ritengono che il loro obiettivo sia quello di proteggere il bambino dalla cattiveria del genitore alienato).

Un’altra forma particolarmente grave di abuso emotivo e psicologico ai danni di un bambino o di un adolescente è quella forma di disfunzione della relazione genitoriale che viene definita Sindrome di Alienazione Genitoriale (Parental Alienation Syndrome – PAS) [Gardner 1987; 1992; 1998a; 1998b; 1999a; 1999b].

Essa può essere considerata una vera e propria forma di abuso emotivo nei confronti del bambino. Abuso risultante, secondo la definizione di Gardner [1987; 1992; 1998a; 1998b; 1999a; 1999b], dalla combinazione di un programming (lavaggio del cervello), degli indottrinamenti del genitore e dei contributi propri del bambino alla diffamazione del “genitore obiettivo”, che di solito sorge nel contesto delle dispute sulla custodia del bambino.

Nella maggioranza dei casi avviene che una madre (il genitore alienante – AP) fa di tutto per mettere in cattiva luce il padre (il genitore alienato – TP) agli occhi del bambino, per allontanare quest’ultimo da lui. Quello che si osserva in seguito, principalmente, è la compromissione del rapporto tra il bambino ed il genitore alienato. Naturalmente si può riscontrare anche il caso inverso in cui il padre è il genitore alienante e la madre quello alienato.

La definizione di Sindrome di Alienazione Parentale è applicabile solo quando il genitore obiettivo non ha esibito un comportamento tale da giustificare la campagna di denigrazione esibita dal bambino. Il genitore alienante provoca la distruzione del legame tra l’altro genitore ed il bambino e le conseguenze di questa azione potrebbero protrarsi per tutta la vita [Gardner 1999b].

Nella Sindrome d’Alienazione Parentale si assiste, dunque, alla creazione di una relazione singolare tra un bambino ed un genitore, la quale comporta l’esclusione dell’altro genitore. Il bambino completamente alienato è un bambino che non desidera avere alcun contatto con il genitore denigrato e che esprime sentimenti solamente negativi per quel genitore e sentimenti solamente positivi per l’altro. Conseguenza di ciò è l’alterazione dei sentimenti del bambino per entrambi i genitori e, quindi, la perdita di un normale equilibrio. È psicologicamente dannoso per un figlio essere privato di una relazione sana con un genitore. Fare una scelta tra genitori è danneggiante per un figlio e, se il risultato alla fine è l’esclusione di un genitore dalla sua vita, il danno sarà irreparabile.

Il “programming”, che si osserva nelle situazioni in cui la PAS è presente, è, spesso, un comportamento agito già da diverso tempo all’interno della famiglia e che, semplicemente, aumenta di significatività dopo la separazione. Sebbene tutti i membri di una famiglia abbiano un proprio ruolo più o meno determinato, il genitore alienante è considerato il principale responsabile della programmazione del bambino, poiché è lui che mette in moto il processo [Gardner 1999a].

La Sindrome di Alienazione Parentale va considerata, si è detto, come l’esito di un processo disfunzionale delle relazioni familiari a seguito di una separazione. Tale dimensione processuale è tuttavia anche da intendersi come parametro per la classificazione di tre forme di PAS: lieve, media e grave appunto, considerando un continuum, basato sul livello di angoscia interna del genitore alienante, sulla vulnerabilità del bambino e sulle risposte del genitore alienato così come sulle risposte del sistema esterno (la famiglia, gli avvocati, gli psicologi, il sistema legale) [Gardner 1987; 1992; 1998a; 1998b; 1999a; 1999b].

Questa breve trattazione della PAS è motivata dal sottolineare come si tratta di uno scenario relazionale di grave violenza psicologica ai danni di un bambino o di un adolescente. Infatti, è una condizione relazionale che produce effetti gravi sullo sviluppo psicoemotivo. Gli effetti della PAS sul bambino non sono quasi mai benevoli, soprattutto nelle forme medie e gravi; essi sono negativi e purtroppo molto intensi. Il grado di gravità dipende dall’estensione del “lavaggio del cervello”, dal tempo che il bambino passa irretito con il genitore alienante, dalla sua età, dal numero delle persone sane di supporto nella vita del bambino e dal grado in cui egli “crede” all’inganno. Gli effetti dell’alienazione, quindi, possono riscontrarsi in tutte le aree del funzionamento psicosocioemotivo del bambino o adolescente. Ad esempio, si possono sviluppare fobie, reazioni di rifiuto, depressione e, spesso, istinti di suicidio. Inoltre, quando la PAS comporta gravi distorsioni della realtà, le abilità del bambino di testare quest’ultima vengono compromesse e così finisce per distorcere anche altri aspetti della vita. Il funzionamento interpersonale viene compromesso addirittura più direttamente. Per esempio, il bambino potrebbe crescere socialmente ritirato, potrebbe regredire nelle situazioni sociali o potrebbe essere visto dagli altri come immaturo. A volte questi problemi non si osserveranno fino a quando il bambino non avrà raggiunto gli stadi finali dell’individuazione durante la maturità e, incapace di staccarsi dalla famiglia di origine, persisterà in relazioni di tipo adolescenziale. Il bambino imparerà anche che il comportamento ostile e detestabile viene accettato nelle relazioni e che la falsità e la manipolazione sono una parte normale di esse.

Un’emozione dominante nel bambino è la perdita, sebbene questa potrebbe non presentarsi subito. Ancor peggio, però, è il fatto che gli effetti della perdita del genitore possono diventare pervasivi nei confronti di altri aspetti degli adattamenti durante lo sviluppo dei bambini. Si è trovato che bambini allevati da un solo genitore, poiché hanno perso l’altro, hanno una performance scolastica più bassa, aumentate possibilità di disturbo psicologico, un’autostima più bassa, deficienze cognitive, maggiori problemi di controllo degli impulsi, problemi di adattamento scolastico, paura ed ansia più evidenti (particolarmente riguardo l’abbandono), maggiore dipendenza che interferisce con gli altri aspetti dello sviluppo, ed un’identificazione dei ruoli sessuali danneggiata. Inoltre, potrebbero esserci effetti negativi sulle relazioni fraterne.”

Fonte: Rapporto sulla sicurezza nel Trentino – Approfondimenti n. 1 “Violenze e maltrattamenti in famiglia”

Transcrime è il Centro interuniversitario di ricerca sulla criminalità transnazionale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e dell’Università degli Studi di Trento. Transcrime è diretto da Ernesto U. Savona, professore di criminologia nell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Il Centro ha sede a Milano e a Trento. Ciascuna sede presenta un team di ricercatori e uno staff di segreteria e supporto. Un servizio di documentazione online è a disposizione dei ricercatori.

2 Comments

  1. Salvatore

    Vivo nella stessa situazione ormai da più di 2 anni, cerco un aiuto ma nessuno riesce a risolvere il mio problema, sono stato tradito ingannato ed anche denunciato, la mia ex stava con un ex avvocato, mi hanno intrappolato in questo inganno perché c erano di mezzo anche i carabinieri, ne ho le prove, ma nessuno mi ascolta

  2. Gabriella

    Vittima di quasi incredibile doppia alienazione.
    Il mio ex marito per anni e anni ha stimolato su nostra figlia ( 40 anni) un sentimento tale di distacco e odio nei miei confronti al punto da spingerla ad impedirmi di vedere i suoi stessi figli.
    Sono anni che non ho più contatti con mia figlia e i suoi bambini e dal 2015 ho presentato istanza di visita al TM di Milano. Tuttora dicembre 2017sono in attesa di una loro decisione.
    La nipote più grande (17 anni) nel corso di tutta la sua infanzia è stata dissuasa dall’incontrare il padre primo compagno di mia figlia, sempre con l’occulta azione del mio ex marito, e da due anni non lo vede quasi più, nonostante un’audizione in TM dove, tra le lacrime, dichiarava di desiderare la sua presenza. Per mia nipote lo stress di questa situazione è enorme ma
    anche qui il TM non dà risposte.
    Io ho seguito, nel mio ruolo di nonna, questa ragazza per ben 14 anni avendo con lei un sincero rapporto affettivo ma allo stesso tempo non sapevo cosa si nascondesse in realtà dietro il suo rapporto con il padre.
    Solo oggi che vivo la stessa situazione, senza peraltro aver mai avuto una spiegazione per eventuali mie mancanze o errori, ho potuto capire il meccanismo perverso che muove un genitore contro l’altro e contro chi comunque viene considerato avversario, adducendo le motivazioni più varie (es. padre definito sempre e genericamente INADEGUATO).
    L’alienazione genitoriale è sicuramente un grave abuso psicologico soprattutto nei confronti dei minori ma spesso con la compiacenza di operatori sociali, familiari conniventi, e soprattutto giudici, che non applicano le norme GIÀ esistenti, diventa un vero dramma familiare che prosegue e si ripropone per anni quasi fosse essa stessa un’arma di vendetta per interposta persona.
    I risultati sono sotto gli occhi di tutti ma tutti non vedono, non sentono e non parlano.
    Gabriella Montecamozzo, nonna materna

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