Finalmente le prime sentenze per punire l’alienazione parentale – la Repubblica

I FIGLI CONTESI

Sono diecimila i minori coinvolti nella guerra tra mamma e papà la loro sorte è affidata ai tribunali e addirittura ci sono agenzie che organizzano rapimenti a favore di un genitore

Sono diecimila i bambini contesi in Italia, la sorte appesa a un tribunale o all’improvviso buon senso di un adulto che decide di smettere di litigare. Diecimila storie, e ogni tanto una finisce male come in “Un giorno perfetto”, il film di Ferzan Ozpetek dove Valerio Mastandrea, poco dopo essersi separato dalla moglie (Isabella Ferrari) non sa resistere al dolore e spara sui suoi figli. Molte invece alimentano i guadagni di investigatori privati, intasano le cancellerie dei tribunali, finiscono sulle cronache, come la storia dell’organizzazione illegale che “restituiva” – a pagamento – ai genitori divorziati i figli portati a vivere nel paese dell’ex marito (o dell’ex moglie). Smascherata dalla procura di Milano ha squarciato il velo di silenzio e di omissioni che ancora avvolge centinaia di casi come quello di Marinella Colombo, la donna che da anni si batte per rivedere i figli che la giustizia italiana e il tribunale di Monaco hanno affidato all’ex marito tedesco.

(segue dalla copertina) Non è certo l’unico caso: Sarah Ghazi, madre libanese che vive da anni in Italia, ha dedicato un libro, “Lettera al mio bambino rapito” (Mondadori) alla sua tragica storia nella quale il divorzio da un connazionale è coinciso con la scomparsa del figlio nel paese d’origine. Emanuele Russo, palermitano di 54 anni, ha denunciato il rapimento del figlio Edoardo compiuto dalla compagna brasiliana, che un anno dopo la nascita del bambino ha fatto perdere le sue tracce a Nova Friburgo, una città a 140 chilometri da Rio: «Tra noi è tutto finito, io resto qui». La sua battaglia legale è ancora in corso, ma col figlio restano solo poche e dolorose telefonate: «Non mi piace parlare con te, sei un italiano pazzo». Un anno fa, un altro padre, originario di Teramo, è letteralmente scappato da Corfù dove si trovava con la moglie greca e il figlio di 9 mesi. Lei si è appellata alla convenzione dell’Aja, lui non si è fatto ritrovare, e per sottrarsi a un’ordinanza del tribunale si è rifugiato in Svizzera. Mentre A Natale del 2011, A. M., una donna di Pesaro, si è imbarcata sul volo per Algeri decisa a riportare indietro il suo bambino che il padre aveva “rapito” portandolo nel suo paese d’origine.

Sono solo alcuni casi, senza contare chi si suicida con i figli piccoli lasciando aperti interrogativi angosciosi. Ma se nelle vicende internazionali sono i diversi codici e le interpretazioni del diritto a complicare le cose, in Italia fanno capolino le prime sentenze per punire una nuova sindrome, quella da “alienazione parentale”.  Commette, o potrebbe commettere, un reato il genitore (statisticamente la madre) che incoraggia i figli a dimenticare, rimuovere, respingere l’altro genitore, inducendo così il “nemico” a possibili gesti estremi.

«Giudici e avvocati stanno lavorando insieme intorno a una nuova cultura del diritto che prevede una serie di sanzioni per il genitore inadempiente, che tende a sradicare il minore non solo dall’altro genitore ma anche dall’intero contesto parentale – spiega Giulia Facchini, giurista, avvocato, esperta di diritto di famiglia – Ogni volta che il diritto di visita viene negato, chi lo fa paga una multa, e questo dovrebbe costituire un buon deterrente almeno nei casi meno gravi». Facchini conferma: «La legge sull’affido condiviso non ha risolto ogni problema, al contrario, però ha fatto aumentare la percezione che le decisioni importanti vanno prese insieme da entrambi i genitori». Quando di mezzo c’è un altro Stato, però, tutto si complica. E paradossalmente, il diritto minorile e le leggi sulla famiglia della potente Germania, lo Jugendamt, appaiono altrettanto insormontabili per un genitore straniero delle norme che nei paesi dove il diritto si ispira all’Islam riconoscono al padre ogni giurisdizione, e provocano così strappi irreparabili quando le coppie miste si separano. Ma le organizzazioni internazionali pronte a guadagnare migliaia di euro sulla disperazione di una madre (o di un padre) sono soltanto la punta estrema di un fenomeno che negli ultimi anni è finito molto spesso sulle pagine di cronaca, sotto forma di dramma e qualche volta di tragedia. Perché il “fai da te” prevale, anche nella sottrazione di minore, un reato che può scattare fin dalle visite mancate, e molto prima del vero e proprio rapimento.

La legge del 2006 sull’affido condiviso, salutata da giuristi e esperti come un formidabile passo avanti verso la responsabilità genitoriale che deve, o dovrebbe, continuare oltre la separazione e il divorzio si è rivelata in realtà una polpetta avvelenata per migliaia di madri e di padri italiani ancora prigionieri di un’idea di “possesso” dei figli, spesso giocata in contrapposizione con l’ex marito o l’ex moglie trasformatisi in nemico. E in ossessione: oggi gli italiani spendono in investigatori privati più soldi (in media 1.000 euro per ogni separazione) per sapere dove va l’ex coniuge quando esce con i bambini, se li accompagna dai nonni oppure da McDonald, di quanti ne investano per sapere se e con chi ha una nuova storia d’amore. E le migliaia di denunce tra ex coniugi che intasano procure e tribunali rispecchiano molto bene un’altra realtà tipicamente italiana: le madri denunciano i padri per omesso pagamento dell’assegno di mantenimento fissato dal tribunale, i padri controbattono denunciando le ex mogli perché impediscono il loro diritto di visita ai figli, non facendosi trovare in casa o inventando le scuse più fantasiose per far saltare quel week end su due che il giudice ha stabilito con scrupolo certosino.

Perfino la Cassazione penale, due anni fa, è intervenuta sul tema: il padre al quale la ex moglie impediva “sistematicamente” di frequentare la figlia quattordicenne ha diritto a un risarcimento del danno morale. “Alienare” un genitore agli occhi del figlio, trasformando la normale ribellione adolescenziale in rifiuto del padre, può diventare un reato, proprio come quello, assai più frequente, e dunque assai più spesso denunciato e sanzionato, del mancato pagamento dell’assegno di mantenimento fissato dal giudice. Poco prima di abbandonare il ministero delle Pari Opportunità, Mara Carfagna aveva presentato un manuale, ” Bimbi contesi: la guida 2011 per i genitori”, nel quale si cercava di impartire alla parentela istruzioni per l’uso allo scopo di evitare tragedie e inutili liti in tribunale, raccomandando che i minori potessero restare “nel loro contesto abituale”. Una raccomandazione di generico buon senso che, purtroppo, non tutti i genitori italiani sembrano aver recepito.

Vera Schiavazzi

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