Tre casi emblematici di PAS – Amy J. L. Baker PhD

bakerNell’introduzione al libro “Figli divisi” la psicologa dell’età evolutiva Amy J. L. Baker presenta tre storie di alienazione genitoriale, il tentativo da parte di un genitore di distruggere il legame tra il figlio e l’altro genitore. Il racconto di queste storie è stato raccolto dalla viva voce delle vittime della PAS che divenute adulte si sono rese conto di essere state manipolate da uno dei genitori e costrette a rifiutare l’altro.  Solo in due dei tre casi il genitore alienante è la madre, nel terzo caso il genitore alienante è il padre.

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Introduzione

Le tre storie che seguono sono storie di individui vittime dell’alienazione genitoriale: il tentativo da parte di un genitore di distruggere il legame fra il figlio e l’altro genitore. Nella sua forma più acuta l’alienazione genitoriale può evolversi in quella che si definisce sindrome di alienazione genitoriale (PAS).

La storia di Kate

Kate, ventun anni, è nata in California. Sua madre aveva trent’anni quando conobbe il padre di Kate, un uomo più giovane ma con una precedente esperienza matrimoniale. Kate fu l’unica figlia nata dal matrimonio dei suoi genitori. Ella ricordava un matrimonio tormentato che terminò quando era bambina: «Mia madre cambiò la serratura di casa mentre mio padre era al lavoro; me ne ricordo perché lei mi chiese di portarle un cacciavite. Ricordo anche che qualche sera dopo mio padre venne a bussare alla finestra, poi tentò di entrare altre volte ma mia madre fu talmente irremovibile che lui rinunciò».

Dopo la separazione dei genitori Kate incontrò il padre a fine settimana alternati. «Ed ogni mercoledì sera dovevo cenare con lui, ma mia madre cominciò ad impedirmelo». Altre strategie di alienazione adottate dalla madre di Kate consistevano nel non consegnare alla figlia le lettere e i regali del padre e nel denigrarlo aspramente. «Crescendo maturai l’idea che mio padre fosse tutto ciò che lei aveva sempre detestato, che fosse un orribile mostro».

Sua madre, inoltre, fomentava il conflitto fra la figlia e il padre, rovinando ogni momento che trascorrevano insieme.  Queste strategie di alienazione crearono nella mente di Kate un’immagine distorta del padre. «Mi indusse a dubitare di ciò che lui diceva, del motivo per cui si comportava in un certo modo, qualunque cosa facesse. Di ogni sua azione, di tutto ciò che faceva per me, io mi chiedevo se non ci fosse un motivo nascosto. Ero ossessionata dall’idea di un secondo fine perché mia madre continuava a ripetere che ciò che faceva mio padre, lo faceva per un motivo nascosto, non perché mi volesse bene».

Kate non ricordava di essere stata molto legata alla madre, la quale minacciava peraltro di abbandonarla se fosse andata a vivere con il padre: «Se fossi andata a vivere con lui, non avrei più potuto rivolgere la parola a mia madre; così vivere con mia madre e vedere mio padre significava poterli avere entrambi, mentre scegliere di vivere con mio padre avrebbe potuto significare perdere mia madre». Quando Kate compì diciotto anni, tuttavia, lasciò la casa della madre e all’epoca dell’intervista viveva con il padre. Con il passare del tempo aveva compreso che la madre si era comportata in modo manipolativo e rancoroso. Kate apprezzò il fatto che il padre fosse riuscito a mantenere vivo il rapporto con lei, a conservare un’equanimità di giudizio in quegli anni tormentati. «Lui capì che se fossi stata coinvolta in quelle meschinità, ne sarei rimasta ferita, e queste non sono esperienze da far affrontare ad un bambino. A un bambino si dovrebbe parlare con franchezza, senza cercare di imporre il proprio punto di vista. Mio padre aveva capito che spiegandomi sinceramente il suo punto di vista, sarei riuscita ad accettarlo», ed alla fine è quanto è accaduto a Kate.

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One Comment

  1. simonetta

    spero che quello che e’ successo a kate accada anche a mia figlia alienata dal padre. spero che mia figlia apra gli occhi che si renda conto di cio’ che le accade intorno. e’ adolescente spero non sia troppo tardi

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