Esperti a confronto sulle pronunce della Cassazione sull’alienazione genitoriale

1364305431258I partecipanti al forum

Giovanni Camerini, Professore docente al Master di Psichiatria Forense dell’età evolutiva, Università degli Studi di Roma La Sapienza
Guglielmo Gulotta, Avvocato, psicologo, psicoterapeuta, Ordinario di Psicologia Giuridica presso l’Università degli Studi di Torino
Giorgio Vaccaro, Avvocato esperto in mediazione familiare
Tiziana Magro, Prof.ssa docente al Master di Psicopatologia e Neuropsicologia Forense, Università degli Studi di Padova

(fonte/credits www.diritto24.ilsole24ore.com)

Cosa pensate delle ultime sentenze della Prima Sezione Civile della Cassazione in materia di Alienazione Genitoriale?

Guglielmo Gulotta:  Non mi capacito del fatto che sia possibile che la medesima Sezione della Cassazione con il medesimo Presidente ma con una diversa composizione del Collegio, possa esprimersi in modo diametralmente opposto a distanza di così poco tempo su di una fattispecie che comprendeva la valutazione del medesimo fenomeno ovvero quello della Ablazione della figura di un genitore.

Giovanni Camerini: Concentrando la attenzione sulla seconda sentenza, quella relativa al caso di cittadella, ciò che lascia più perplessi è la contraddizione tra le premesse giuridiche  e le considerazioni sulla nozione di PAS. Nella critica alle motivazioni della sentenza di secondo grado i Giudici di Cassazione formulano pareri interessanti e condivisibili circa la illegittimità delle “terapie giudiziarie”, ovvero delle prescrizioni di interventi (come gli allontanamenti) secondo una interpretazione discrezionale dell’ “interesse” del minore dal punto di vista psicologico. Poi si spingono immotivatamente ad esprimere giudizi sulla nozione di PAS compiendo lo stesso errore che contestano alla Corte d’Appello di Venezia, ovvero improvvisandosi studiosi di psicologia. Ed improvvisandosi oltretutto tanto imprudentemente quanto scorrettamente, in quanto enunciano teorie molto distanti da quanto sull’argomento viene sostenuto dalla comunità scientifica e spingendosi addirittura a formulare giudizi spericolati sulla figura del “padre” del concetto di PAS, Richard Gardner. Credo sia la prima volta che la Suprema Corte si esprima così su un argomento di natura scientifica, quindi non certo di sua competenza.

Giorgio Vaccaro: Si potrebbe dire che rappresentano l’esempio di scuola della contraddittorietà di un orientamento giurisprudenziale. Con la prima la nr. 5847 del 12 febbraio si afferma letteralmente, dopo avere fondato il giudizio di inadeguatezza di un padre sulla base dell’esistenza della PAS evidenziata  dalla relazione dal Servizio di Psichiatria di zona, come “l’esistenza di una sindrome da alienazione parentale (PAS) causata dalle pressioni paterne” avrebbe inficiato i risultati della stessa audizione del figlio. Successivamente in data 6 marzo, solo venti giorno dopo, la medesima Prima Sezione della Cassazione, presieduta anche questa volta dalla Dott.ssa Luccioli, emetteva la sentenza 7041 che pur rilevando come la Sentenza della Corte d’appello non facesse diretto riferimento alla Pas, pronunciava una critica così radicale nei confronti di questa e del lavoro del CTU dell’Appello, da apparire incredibile rispetto alla propria decisione di neanche un mese precedente. Con la 7041 la Cassazione è arrivata a smentire non solo la “astratta” validità scientifica della CTU, ma anche tutto il proprio ragionamento ermeneutico quello della Sentenza 5847 che si è appunto basata sull’esistenza della PAS per confermare da un lato la validità di un Appello che ha statuito di portar via i figli ad un genitore e dall’altro ha considerato la Pas come “una condotta pregiudizievole” nei confronti dei figli. Credo che solo una successiva auspicabile pronuncia delle Sezioni unite su di una tale importantissima questione potrà porre fine a decisioni come queste, che non possono che essere lette con sgomento.

Tiziana Magro: Ritengo che la sentenza 5847/13 dell’8 marzo sia in linea con la normale giurisprudenza e non metta in discussione la diagnosi di Alienazione Parentale, intesa proprio come problema relazionale; inoltre, che faccia cogliere pienamente il diritto negato alla bigenitorialità del minore. La sentenza 7041/13 del 20 marzo 2013, riferita al caso di Cittadella, e discussa in tempi molto rapidi,  richiama ad una mancanza di scientificità della PAS, come riportato solo da una delle parti in causa. Tuttavia la sentenza stessa non considera la più completa ed accreditata letteratura scientifica, che invece evidenzia l’esistenza del fenomeno di captazione del figlio da parte di un genitore, al di là dell’ “etichetta” utilizzata (PAS, PA, ecc.). La sentenza, inoltre, menziona il mancato inserimento dell’Alienazione Parentale nel prossimo prontuario del DSM-V, dimenticando che già nel DSM-IV-Tr è incluso il Problema Relazionale Genitore-Bambino [V61.20] che rimanda senza ombra di dubbio al disagio sofferto dal bambino di Cittadella.

Quale dovrebbe essere la funzione della Consulenza Tecnica?

Guglielmo Gulotta: Il giudice è perito peritorum, ma dovendo decidere su casi nei quali è richiesta una competenza specifica attende la risposta del suo tecnico. Questa deve essere un prodotto scientifico che sia quindi valido come metodologia ed accettato dalla comunità, resta il fatto che nelle due sentenze a cui si faceva riferimento ci si è limitati ad analizzare l’aspetto nominativo della parola “sindrome” senza verificare l’esistenza concreta del fenomeno come accertato.

Giovanni Camerini:  La consulenza tecnica in questa materia risponde al principio di beneficita’ e dovrebbe in primo luogo fornire al giudice elementi circa l’affidamento, indicando eventuali condizioni di pregiudizio derivanti da un cattivo esercizio della potestà  da parte dell’uno o dell’altro genitore. in secondo luogo si tratta di coniugare la valutazione della genitorialita con l’ascolto del figlio e con l’osservazione delle sue relazioni con i genitori, per indicare le condizioni di custodia più congrue. Spetterà poi al giudice applicare queste indicazioni sotto l’egida del principio di legalità.

Giorgio Vaccaro: La funzione della Consulenza è ben regolata dalla legge e quello della consulenza è uno strumento processuale molto ben organizzato nel nostro sistema giurisdizionale. Ovviamente ogni processo fa storia a se, ed i risultati dei “tecnici” possono essere interpretati dal “perito peritorum” secondo il proprio libero convincimento ove il ragionamento sia poi immune da vizi logici, ed in questo v’è la forza e la debolezza, al tempo stesso, di un sistema.  Quello che lascia l’amaro in bocca è l’aver riportato come nel caso de quo “commenti e valutazioni” metagiuridiche sulla persona dello studioso che in America ha raccolto i dati del fenomeno dell’Alienazione e degli effetti negativi di questa sui figli. Credo per fare un esempio, che non tutti si possa essere in accordo con tutte le teorie di Freud, ma da questo a riportare in una Sentenza giudizi negativi sulla persona dello studioso, è una tentazione dalla quale ogni giudice, ed ogni Avvocato, dovrebbe fuggire.

Tiziana Magro: La Consulenza Tecnica in ambito di separazione/divorzio, nella risposta puntuale al quesito, dovrebbe porre a fondamento dei rapporti familiari la bigenitorialità, ovvero il diritto dei minori a rapportarsi in maniera armonica ed equilibrata con i propri genitori e con le rispettive famiglie di origine. Dovrebbe fornire un’ampia valutazione psicologico-clinica diagnostica e prognostica del caso, realizzata con gli strumenti ed i protocolli propri delle discipline psicologiche; dovrebbe sempre tener conto che i minori fanno parte del “sistema famiglia” che è ben di più, gestalisticamente parlando, della somma delle peculiarità di ciascun individuo.  L’analisi prodotta dovrebbe quindi essere multidimensionale ed integrata con eventuali valutazioni socio-ambientali; dovrebbe poi essere vagliata la presenza/assenza di fattori di rischio e/o protettivi, nonchè la probabilità di cambiamento delle condizioni date per il minore stesso e per i suoi genitori.

Quale è la Vostra opinione rispetto al caso della Alienazione genitoriale?

Guglielmo Gulotta: Poiché il fenomeno del comportamento è stato accertato come “accaduto” e quindi è reale, l’analisi della questione doveva rimanere ancorata al fatto dichiarato esistente.Discutere diversamente come è accaduto, in merito alla “non esistenza” di un fenomeno, solo perché non indicato come sindrome, varrebbe a dire che lo stalking non esiste perché la sofferenza che pur produce non ha un nome riconosciuto nel DSM vigente.

Giovanni Camerini: il problema viene posto in modo erroneo e fuorviante. La alienazione di un genitore, ovvero la sua immotivata esclusione dalla vita del figlio, non corrisponde ad un “disturbo” individuale, cioè ad una “diagnosi”, ma consiste in un  disturbo della relazione che coinvolge tre soggetti : madre padre e figlio. E’ infatti previsto il suo inserimento nel DSM V tra i “Disturbi Relazionali”. Se non corrisponde a una malattia, e’ pero’ vero che rappresenta un forte fattore di rischio per lo sviluppo. Inoltre tutte le convenzioni internazionali ribadiscono il diritto dei figli alla bigenitorialita’ e la necessita’ di tutelare i minori dalla violazione di questo diritto, violazione che spesso deriva dai condizionamenti esercitati da uno dei due genitori ai danni dell’altro. Ma il fatto che la alienazione genitoriale non sia una malattia non autorizza a negare il fenomeno.

Giorgio VaccaroQuella di ogni osservatore e studioso della realtà della “crisi di coppia”: intimamente connessa alla separazione è la dinamica che ci porta a negare l’altro come adeguato, al contrario è più facile leggerlo come la causa di tutto. Da qui discende un primo momento che vede molti genitori coinvolgere nella guerra diadica i figli, nella maggioranza dei casi un tale comportamento rientra, dopo poco tempo, nei canoni dell’accettabilità. Ma vi sono casi, oggettivi e concreti, nei quali uno dei due genitori, dopo la separazione, impedisce al figlio di vedere l’altro, immotivatamente e quindi a prescindere da comportamenti violenti o negativi di quest’ultimo. Quando una tale “condotta” non venga contrastata per tempo si assiste ad una radicalizzazione del fenomeno, il cui effetto più grave è quello di lasciare il figlio stesso “scoperto”, nella sua crescita, dal contributo del genitore che viene negato.

Questo causa nel minore un vero e proprio vulnus, sia sotto il profilo della costruzione dell’io, che sotto l’aspetto della violazione reiterata del suo Diritto ad avere entrambi i genitori.

Tiziana Magro: Credo che in questa dolorosa vicenda la risonanza mediatica abbia fatto la differenza, che siano stati tralasciati molti elementi oggettivi e che i processi debbano essere celebrati solo dalle Istituzioni deputate.
Non voglio entrare nel merito degli elementi di valutazione che spetteranno all’autorità giudiziaria. Da quanto ho potuto riscontrare, ritengo che il progetto di recupero della relazione tra padre-bambino fosse strutturato e realizzabile nell’ottica del diritto alla bigenitorialità del minore.
Posso solo segnalare che fino al 20 marzo il bambino aveva iniziato a condividere con il padre la quotidianità: il momento del pranzo e della cena, ultimamente anche le notti, usciva con lui per acquisti e per giocare, aveva iniziato quella relazione che era stata interrotta. Ho sentito il minore dire e manifestare al padre inequivocabili atteggiamenti d’affetto.
Si vedrà successivamente come si svilupperà o involverà la relazione tra padre e figlio, rispondendo di fatto a molti quesiti.

Quale può essere il rischio di una tale pronuncia?

Guglielmo Gulotta: L’Italia è stata condannata dalla CEDU più volte perché non mette i figli nella condizione di poter vivere la Bigenitorialita che resta un diritto del Minore, spostare la questione riducendola un problema terminologico e concretamente errato.

Giovanni Camerini:  Questa pronuncia rischia di  disattendere gli ammonimenti della Corte Europea dei Diritti Umani, la quale anche recentemente ha invitato l’italia a munirsi di un “arsenale” di buone pratiche per garantire in tempi ragionevoli i diritti di visita. La immotivata critica alla nozione di AP rischia di incoraggiare indirettamente i comportamenti dei genitori che non rispettando il ruolo e le funzioni dell’altro ostacolano il diritto del figlio a relazionarsi serenamente con tutti e due.

Giorgio Vaccaro: In concreto credo che, vista la patente contraddittorietà delle due sentenze, ben pochi saranno gli effetti sui processi in corso, la maggioranza dei giudici della famiglia sono ben consci del portato normativo dell’art. 155 c.c. e quindi del Diritto del Figlio ad avere entrambi i genitori, come riferimenti necessari entrambi per la sua crescita.

Certo se si dovesse assistere ad una reiterazione di pronunce che sminuiscano la “gravità” della Alienazione Genitoriale, allora assisteremmo ad una serie di condanne a sempre più pesanti sanzioni economiche da parte della Corte Europea in danno dell’Italia, per la violazione del diritto alle “relazioni familiari”.

Tiziana Magro: Potrebbero esserci molti rischi. In primo luogo quello che sentenze di questo tipo amplifichino i danni relazionali psichici sul minore, facendo passare altro tempo (il tempo in questo casi è preziosissimo), e ripropongano l’assetto relazionale disturbato di partenza; in secondo luogo potrebbe diventare difficilissimo attuare progetti di recupero e, per i casi limite, gli allontanamenti dei minori.

Già si stanno verificando situazioni in cui alcuni genitori alienanti  si riferiscono al caso di Cittadella, con minaccia di ricorso a mass media o consulenti intimoriti che producono relazioni peritali pilatesche, e così via.

Cosa si intende con Alienazione genitoriale?

Guglielmo Gulotta:  Che la manipolazione sia un fenomeno è indiscutibile e quello che bisogna accertare è se il minore ne sia stato colpito. Ed è evidente che questo sia accertabile quando si assista ad atteggiamenti di “improvvisi” voltafaccia del minore in danno di uno dei due genitori e spesso anche della famiglia dei nonni dello stesso, a seguito di una separazione o di un divorzio, quando al contrario prima non vi erano. Queste sono le domande e le emergenze alle quali si deve dare una risposta.

Giovanni Camerini: R si intende il rifiuto da parte di un figlio di un genitore , non motivato da comportamenti negativi da parte del genitore stesso, rifiuto derivato soprattutto da condizionamenti più o meno espliciti da parte del genitore che il bambino sceglie sulla base di un “conflitto di lealtà” . In altre parole, il figlio teme di perdere l’amore di un genitore se si mostra affettuoso verso l’altro. Ognuno dei tre soggetti inclusi nella relazione fornisce il proprio personale contributo al formarsi ed allo stabilizzarsi di questa situazione

Giorgio Vaccaro: Mi limito a ricordare, come Avvocato, che per Alienazione genitoriale non può che intendersi il comportamento di un genitore che impedendo al figlio di frequentare “significativamente” l’altro, pone in essere un evidente “fare” antigiuridico in danno del proprio figlio. Antigiuridicità che deve essere contrastata con immediatezza, come ricordato dalla Corte Europea, e questo a prescindere dall’intervento del CTU. A nessun genitore la Legge consente di “violare” il diritto del minore a godere di entrambe le figure genitoriali. Il rimedio c’è ed è previsto dall’art. 709 ter che riconosce al Giudice la possibilità di “modificare” immediatamente la stessa allocazione del figlio. Il miglior genitore allocatario è quello che meglio consente all’altro, la disponibilità e la fruibilità della prole.

Tiziana Magro: Ritengo che l’Alienazione Genitoriale, essenzialmente legata a contesti di separazione e divorzio, sia una sorta di “vincolo relazionale a senso unico” di un figlio con uno dei due genitori, figlio che si trova in posizione psicologica one-down e che è portato ad escludere immotivatamente e a rifiutare la relazione con l’altro. Tale disaffezione relazionale però non è legata a comportamenti realmente maltrattanti o trascuranti da parte del genitore alienato. L’Alienazione Parentale deriva quindi da dinamiche relazionali familiari disfunzionali che trovano maggiore o minore forza su caratteristiche personali di tutti gli individui coinvolti e,  inevitabilmente, come numerosi studi scientifici attestano, rappresenta per i figli un rischio di possibili psicopatologie. Comunque la si voglia chiamare, l’Alienazione Parentale è un disagio reale e non  certo inventato da psicologi e psichiatri forensi.

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