Il caso Juana Rivas ha prodotto in Spagna una serie di reazioni accese nell’opinione pubblica. Benchè non si tratti di alienazione parentale ma di sottrazione internazionale di minori, tuttavia lo schema ideologico proposto all’opinione pubblica è molto simile a quello che abbiamo documentato più volte su questo blog per i casi di alienazione parentale, nei casi in cui il tribunale decide di togliere l’affido al genitore manipolatore. L’editoriale che segue è stato pubblicato dal sito web del quotidinano spagnolo El Mundo e descrive in modo molto efficace la strumentalizzazione che viene fatta di queste storie drammatiche da parte di persone interessate a mettersi in mostra. Ne abbiamo qualcuna anche qui in Italia.
I miserabili* da cui è attorniata Juana Rivas
di Tsevan Rabtan El Mundo 28 luglio 2018
Nel film Amistad di Steven Spielberg l’avvocato degli schiavi africani sotto processo per l’omicidio dei loro schiavisti è pronto a tentare ogni tipo di strategia per salvarli dalla forca, anche quella di farli considerare legalmente come semplice merce. Viene però ammonito dal rappresentante della gruppo abolizionista che lo ha assunto il quale non solo afferma che il caso va trattato esclusivamente come una questione morale, ma lascia intendere che, per la causa abolizionista, potrebbe essere meglio se alla fine gli schiavi venissero condannati e giustiziati.
Quando Juana Rivas ha seguito un cattivo consiglio e ha deciso che era una buona idea non restituire i suoi figli al padre, ha fatto un primo errore. Quando, due mesi dopo essere arrivata in Spagna, ha presentato una denuncia ad una giurisdizione incompetente nelle more del rimpatrio in Italia per avviare così una causa legale che giustificasse la sua decisione, ha commesso un secondo errore. Quando il padre, dopo aver ottenuto la custodia dei figli da parte del tribunale competente (quello italiano), ha avviato una procedura di rimpatrio internazionale, che ha provocato la decisione di un tribunale spagnolo, ratificata da un tribunale provinciale spagnolo, sulla base di un rapporto psicosociale fatto da esperti spagnoli, Juana Rivas ha deciso di non rispettare la decisione, e ha fatto un terzo errore. Quando ha ripetutamente disobbedito agli ordini di diversi tribunali che gli hanno fissato più volte scadenze da rispettare, ha commesso un quarto, un quinto, un sesto errore. Quando ha fatto la scelta di nascondersi con i suoi figli per quasi un mese, ha fatto un settimo errore.
Tutti questi errori potrebbero essere dovuti alla testardaggine oppure ai cattivi consigli ricevuti. Ma la cosa più grave è che la Spagna era piena di abolizionisti in redingote che hanno convito Juana Rivas dell’idea che la sua causa fosse quella di tutti. Questi abolizionisti non erano persone qualunque: un presidente del governo, un presidente di un governo regionale, ministri, deputati, presidenti di partito, sindaci, famosi opinion leader. Tutti hanno affermato di essere Juana, di mostrare solidarietà a Juana e di capire Juana. Tutti sostenevano di essere Juana, ma nessuno di loro sapeva chi fosse Juana o cosa fosse successo
Certo, nessuno di loro sapeva, o sa, chi sia veramente Juana o cosa le sia successo. Né sanno chi è Francesco Arcuri (il padre), o chi sono quei due bambini che sono stati prima strappati dal contatto con il padre e in futuro saranno privati della loro madre. Cosa potevano sapere? Pontificano, ma su ideali astratti costruiti usando Juana, i suoi figli e il mostruoso torturatore da cui dovevano essere salvati come archetipi adatti per la causa. Tutto serve alla bisogna: se Juana avrà ciò che vuole, il loro attivismo trionferà sulla giustizia patriarcale; se verrà condannata e dovrà pagare, il suo sangue inonderà il campo patriottico degli ideali.
In un perfetto esempio di legge penale ritagliata sull’autore dei fatti, ciò che meno importa a loro sono proprio i fatti e i comportamenti concreti. Era importante che da un lato ci fosse un uomo, condannato in passato per gli abusi, e dall’altra lei, una donna. Perfetto per i pamphlet. Perfetto per una campagna stampa e televisiva estiva, una baldoria ubriaca di finto e sentimentalismo che ha dato l’occasione a milioni di persone di sentirsi dalla parte giusta al momento delle notizie dei telegiornali.
Di solito dico ai miei clienti accusati di un crimine che solo io, l’avvocato, sono dalla loro parte. Nessun altro. Che lo tengano presente, per ogni evenienza. Ma né coloro che credevano sinceramente di aiutare Juana Rivas, né, ancor meno, quelli che vivono di cose pubbliche che si auto-giustificano solo se la realtà si conforma a certe credenze, sono o sono stati dalla sua parte. A fianco di Juana ci sarebbe stato bisogno di uno solo, un avvocato che sapeva fare il suo lavoro. Uno che non pensa a tutte le donne, o a tutti i bambini, o a tutti gli esseri puri, o alla civiltà occidentale, alla salvezza dell’umanità o alla causa delle vittime astratte. Uno che pensa all’interesse del cliente. Uno che le spiegasse: “Se lo fai, Juana, è molto probabile che sarai condannata a molti anni di prigione e poi ti sarà anche proibito vedere i tuoi figli, che cresceranno senza di te, senza il tuo amore, senza la tua preoccupazione, senza il tuo sforzo, senza la tua influenza. Vuoi giocarti questo? ”
Anche nel film Amistad gli schiavi imprigionati vedendo dalla prigione un gruppo di abolizionisti, si chiedono chi siano. Quando si inginocchiano uno degli schiavi dice: “sono malati”. Gli abolizionisti cominciano a cantare un inno religioso e allora un altro schiavo dice: “sono artisti!”. Ma il primo aggiunge: “Ma perché sembrano così miserabili*?”
Fonte/Credits:Tsevan Rabtan El Mundo 28 luglio 2018
Note:
* In spagnolo l’aggettivo miserable indica anche una persona: “Que es despreciable, especialmente el que actúa con mala intención sin importarle el daño que causa a los demás”.