(Fonte: http://www.sardegnalive.net)
“Non voglio passare il tempo con te perché papà ha bisogno di me. Tu lo lasci da solo e lui non ce la fa”.
“Non voglio vedere mamma, perché è cattiva”.
“Non voglio stare con papà, perché non paga gli alimenti a mamma”.
Insomma avete già capito di cosa sto parlando, bambini confusi in conflitto con se stessi per “stare dietro” ai problemi relazionali di mamma e papà. Genitori spesso poco informati che scivolano in strategie poco funzionali per gestire i loro errori, le loro preoccupazioni, le loro paure, i loro stessi conflitti interiori.
L’Alienazione Parentale o AP, è ancora oggi un fenomeno misconosciuto, inserito nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM V) come Problema Relazionale di cui fanno parte anche altre forme di disagio relazionale. Un fenomeno ancora poco studiato sì, ma che nella sua descrizione non ha nulla di così sconosciuto anzi tutt’altro, direi forse che ancora non ci si è fermati a dargli in maniera specifica una sua collocazione ma sostanzialmente si parla di una forma di disagio in cui spesso i bisogni manipolati del bambino vengono confusi con quelli reali.
Ma vediamo un po’ insieme come si manifesta.
L’AP va dal “semplice” disagio manifestato dal bambino nei confronti del genitore bersaglio a quella che viene definita “folie à deux” (Conway Rand, 1997a, 1997b), dove genitore alienante e figlio instaurano una forte relazione simbiotica alimentata da fantasie ossessive contro il genitore alienato.
Fu lo psichiatra statunitense Richard Gardner a parlare di questo fenomeno, concettualizzandolo addirittura come Sindrome da Alienazione Parentale (PAS) individuando in particolare 8 criteri che coinvolgono madre-figlio-padre:
- Una campagna denigratoria da parte del genitore alienante nei confronti dell’altro genitore
- Deboli e futili razionalizzazioni a sostegno della denigrazione
- Mancanza di ambivalenza verso i due genitori da parte del bambino
- Sostegno automatico del genitore alienante nel conflitto parentale.
- Assenza di senso di colpa in relazione alla crudeltà / insensibilità nei confronti del genitore alienato.
- Una versione della realtà “acutizzata”
- Fenomeno del “Pensatore Indipendente”: il bambino afferma e ritiene che le motivazioni del rifiuto per l’altro genitore siano frutto di un proprio pensiero negando quindi l’influenza del genitore alienante.
- Diffusione dell’ostilità alla famiglia allargata agli amici del genitore alienato.
Quando si parla di AP, si parla dunque dell’utilizzo del proprio figlio da parte di uno dei due genitori, a volte in maniera consapevole, a volte meno, al fine di allontanare prima affettivamente poi fisicamente l’altro genitore stimolando l’alleanza con se stesso.
Quando dico che i bisogni manipolati del bambino vengono confusi con quelli reali, intendo dire che il bambino non esprime direttamente i suoi bisogni, ma quelli del genitore alienante e questo lo si può comprendere parlando in maniera preventiva direttamente con il bambino, domandandogli le motivazioni della richiesta. Si scoprirà che le motivazioni non appartengono né al lessico del bambino, né saranno ancorate ai dati di realtà o ancora più semplicemente sarà il bambino a denunciare che l’ha sentito dire dalla mamma o dal papà.
Spesso i bambini si prendono carico delle sofferenze dei propri genitori e si sentono responsabili di queste. Se per esempio uno dei due genitori dice al bambino che sta molto male quando lui non c’è e che si sente solo, potrebbe darsi che il bambino si preoccuperà del dolore del genitore sofferente cercando di passare più tempo con lui per proteggerlo e vivrà il tempo lontano da lui in maniera negativa, arrivando a provare profonde angosce legate all’impossibilità di stare vicino al genitore alienante maturando una distanza con il genitore alienato che al contrario apparentemente non lamenta sofferenza in sua assenza.
Come incide nella vita dell’adulto l’AP?
L’AP è un vero è proprio abuso che esercitato su bambini piccoli, nei casi più gravi può portare (così come viene definito dall’APSAC Società Professionale Americana Sugli Abusi sui Bambini) a danni come depressione, bassa autostima, ansia, fino ad arrivare a una psicopatologia di tipo paranoideo.
Un bambino che desidera stare con entrambi i genitori, ma viene messo nella condizione di fare una scelta, stare con il genitore “buono” o con il genitore “cattivo”, non potrà sviluppare una libera capacità di scelta da adulto, né amore per se stesso, perché in qualche modo si sentirà responsabile della scelta e capirà di essere stato utilizzato per fini egoistici dei propri genitori. Imparerà così che l’amore sarà condizionato a qualcosa, che si può essere amati solo nella condizione in cui si serve a qualcosa.
Fate in modo che non siano i vostri figli a farsi carico dei problemi che intercorrono tra mamma e papà e prima ancora prendetevi cura delle vostre difficoltà relazionali, prendetevi cura dei vostri fastidi spesso legati a mancanze e alla rabbia di aver fatto scelte sbagliate. Fate in modo che le conseguenze delle vostre scelte, anche se non del tutto in linea con ciò che volevate, non ricadano sui vostri bambini.
I bambini vanno protetti e sostenuti. Parlate con i vostri figli e spiegate loro cosa accade all’interno delle mura domestiche, non nascondete le vostre paure. Siate adulti responsabili e sostenitori della libertà di amare e essere amati.
“Tienimi forte sul cuore papà,
almeno adesso che la mia età
consente a entrambi in casa e in terrazzo
di farci coccole senza imbarazzo.
Tra qualche anno la legge dei duri
ci troverà più grandi e maturi
a fare finta che gli uomini veri
sono tutti d’un pezzo e molto seri.
Stasera quel tempo è ancora lontano,
tu coccola e gioca con me sul divano”.
Alberto Pellai – “Nella pancia del papà. Padre e figlio una relazione emotiva”.
Riferimenti bibliografici
Psicologia Contemporanea. Alienazione Parentale. Il rifiuto di un genitore. Camerini G.B. Pingitore M.
Gulotta G., CavedonA., Liberatore M. (2008) La sindrome da alienazione parentale (PAS) Giuffrè, Milano
(Fonte: http://www.sardegnalive.net)
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