Il Fatto Quotidiano — Alienazione Genitoriale

«Ci sono padri straordinariamente felici di essere padri e di fare da padri. Perché è l’esperienza più bella della loro vita. Perché il figlio è, la loro vita. Perché crescere, educare, giocare, gioire col proprio cucciolo nutre il cuore, la mente, l’anima.Modifica
Ci sono madri che negano ai padri questo diritto. Negandogli così di vivere.

Ci sono padri che passano notti e settimane insonni; che subiscono: alienazioni genitoriali, telefonate interrotte con il figlio, figli manipolati, menzogne inculcate nel figlio e parole infamanti; assistono ad: accordi violati, aggressioni al patrimonio; vivono improvvisi sospetti imprevisti del figlio. Padri che vivono il figlio come un ostaggio, vile merce di scambio, corpo contundente, strumento di vendetta; arma non convenzionale. Ci sono padri che non vivono più serenamente, che non lavorano più serenamente, che non gioiscono più, che non riescono più ad immaginare il proprio futuro. Ci sono padri che si impoveriscono, aggrediti patrimonialmente. Che finiscono a fare la coda dai padri gesuiti o dormono in auto. Che hanno sconvolgimenti esistenziali non più riparabili, destinati a restare come inchiostro d’odio su candida seta. Ci sono padri negati.

Uno dei maggiori drammi della società moderna, nella quale una coppia su due è destinata a separarsi, riguarda i padri che si “separano”, ai quali si oppongono le madri con “violenza” negando loro l’esercizio della condivisione genitoriale nella crescita del figlio. La letteratura spiega che in una “separazione” (in un matrimonio o in una convivenza more uxorio) le donne tendono spesso a usare il figlio come arma e i padri invece strumentalizzano il mantenimento.

Il legislatore è intervenuto con la legge 8 febbraio 2006, n. 54 (separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli), capovolgendo il sistema allora vigente, in base al quale i figli venivano affidati a uno dei genitori secondo il prudente apprezzamento del presidente del tribunale o del giudice o secondo le intese raggiunte dai coniugi.

Le nuove norme attuano il principio della bigenitorialità (invalso negli ordinamenti europei e presente nella Convenzione sui diritti del fanciullo del 1989, con cui si riconosce il preminente e superiore interesse del bambino, da attuarsi in ogni decisione, azione legislativa, provvedimento giuridico), riconoscendo a entrambi i genitori il diritto di essere realmente tali verso il bimbo e il contestuale diritto del bimbo di essere cresciuto da entrambi.

Con la legge n. 54/06 sono state apportate modifiche al codice di procedura civile e, in caso di separazione dei genitori, i figli saranno affidati come regola a entrambi i genitori, ed eccezionalmente solo a uno quando in tal senso spinga l’interesse del minore e l’affidamento condiviso ne determini una situazione di pregiudizio. Il principio è fondamentale ma in una situazione conflittuale è difficile metterlo in pratica, soprattutto se la forbice tra i genitori (educazione, residenze, abitudini) si allarga. Diventa dunque essenziale il ruolo del giudice e degli avvocati che assistono le parti.

Occorre infatti che la legge venga applicata con equilibrio, saggezza e responsabilità, dai giudici minorili e che gli avvocati che assistono i genitori in tale delicato conflitto siano innanzitutto competenti, esperti e responsabili. Ho invece conosciuto tanti cialtroni che danneggiano le parti e soprattutto l’interesse dei minori arrecando danni irreparabili. Tali incompetenti andrebbero sanzionati con la radiazione o l’espulsione.

Il Tribunale per i Minorenni (T.M.) esercita nello spirito della realizzazione del migliore interesse del minore e ha giurisdizione penale, civile e amministrativa. E’ organo specializzato della giustizia, composto da quattro giudici (due togati e due onorari).  In Italia ci sono 29 tribunali minorili, con 782 magistrati, dei quali circa 600 sono onorari. La selezione dei giudici andrebbe fatta col massimo rigore possibile poiché gestiscono situazioni di straordinaria importanza.

La competenza in materia civile non è esclusiva (concorrente con il tribunale ordinario e e il giudice tutelare) ma di assoluto rilievo, decidendo anche in tal senso: interventi a tutela dei minori i cui genitori non adempiono in modo adeguato o affatto ai doveri verso i figli (art. 147 cod. civ.); può limitare l’esercizio della potestà genitoriale, attivando l’intervento dei servizi socio-sanitari (art. 333 cod. civ.); può allontanare il minore dalla casa familiare (artt. 330, 333 e 336 cod. civ.); può dichiarare i genitori decaduti dalla potestà sui figli (art. 330 cod. civ.); può dichiarare lo stato di adottabilità del minore; regola l’affidamento dei figli di genitori non sposati, che hanno cessato la convivenza e che sono in situazione di conflitto rispetto all’esercizio della potestà genitoriale (art. 317bis cod. civ.).

Ricordiamoci dunque che dove c’è un padre negato, c’è sempre un bambino negato

L’articolo a firma di Marcello Adriano Mazzola apparrso su ilfattoquotidiano del 10 gennaio 2012 ha suscitato una marea di commenti, in massima parte positivi, tanto che è stato presto seguito da questo:

La legge sull’affidamento condiviso (l. n. 54/2006) è fondata su un principio prezioso: salvaguardare la bigenitorialità, perché un figlio deve crescere con equilibrio, con un padre e con una madre. Poi però il verginale principio si scontra con la conflittualità dei genitori separati. Soprattutto si scontra con la gestione “giudiziaria” del conflitto. Dunque sulla scena teatrale irrompono altri “attori” che possono cambiare ineluttabilmente il destino di almeno tre persone (ma in realtà anche di più, oltre al padre-madre-figlio): i giudici, gli avvocati, gli eventuali consulenti (del tribunale e di parte), gli assistenti sociali. Attori non sempre all’altezza della recita, che può divenire presto dramma. Anzi, ancor di più, gli attori possono cambiare e di molto il finale, in peggio. Soprattutto se mediocri figuranti.

Il dibattito che ha fatto seguito al mio intervento dell’altro ieri dimostra quanto siano sentite la drammaticità e l’attualità della paternità “negata” dopo una “separazione”.

Ringrazio chi ha partecipato al dibattito, anche con veemenza, con atteggiamento fondamentalista, con livore. Il Fatto è straordinario anche in questo: smuovere le coscienze per creare nuove coscienze. Ringrazio Laura e Adriana in particolare, per la rettitudine morale e per il rigore dimostrato, nell’essere donna e madre, responsabile sino ed oltre la gestione del conflitto di coppia, nell’interesse del figlio e (perché no?) anche nell’interesse dell’uomo con cui hanno condiviso il momento più bello, la nascita del figlio. Perché quell’uomo, che pure presumo abbiano odiato, rimane (per) sempre il padre del loro frutto.

Dal dibattito ho imparato molto e ho ricevuto anche molte conferme. Ha svelato tanti profili di tale querelle che vorrei in sintesi affrontare.

(1) Il tema è particolarmente importante per la società poiché interessa un numero sempre crescente di persone. Metà delle coppie si separa dopo qualche anno e buona parte di esse hanno figli minori.

(2) Sta generando un notevole dramma sociale poiché a una delle parti (quasi sempre il padre) viene sottratto, di fatto, il figlio e depauperato il patrimonio, così creando spesso nuovi poveri o emarginati.

(3) Disvela in realtà un retroterra culturale preoccupante e colmo di ingiustizie (giuridiche e non solo) che ha condizionato a lungo la giurisprudenza e l’atteggiamento dei giudici e condizionato quello degli avvocati.

(4) Investe appieno il rapporto tra uomo e donna, in particolare nella società italiana, contraddittorio e schizofrenico nel rivendicare da un lato la parità di trattamento ma opportunista nell’avidità con cui si pretende la disparità di trattamento dopo una separazione, in danno del “padre”.

(5) Si pretende di legittimare ciò che non è legittimo, ossia il diritto della donna separata di essere di fatto “risarcita” dal proprio ex compagno e padre del figlio, solo per aver fatto da madre, come se fosse il Tfr.

(6) Nello stesso modo si pretende di legittimare, sempre illegittimamente e in modo grottesco, il “risarcimento” in danno del padre per ingiustizie che la società arrecherebbe alle donne in generale (welfare insufficiente, opportunità di lavoro, sessismo etc.).

(7) Emerge un diffuso senso di irresponsabilità nel voler strumentalizzare il figlio per interessi personali.

(8) Affiora una degenerazione della maternità, con donne poco materne, poco attente alla crescita equilibrata del figlio, accecate dall’egoismo.

(9) Si celebra – con rito funebre – la fine della famiglia “per sempre”, coesa, unita, nido d’amore, in favore della “famiglia a termine” breve e del conflitto come sbocco probabile.

(10) Sono sottaciute le conseguenze che tutto ciò avrà sulla società tra qualche anno, quando migliaia di “minori” di genitori separati diventeranno adulti. Forse una bomba ad orologeria, delle cui conseguenze oggi quasi nessuno parla.

(11) Il sistema bieco di legalità (la normativa sull’affidamento) che infonde di fatto l’illiceità di chi viola sistematicamente gli accordi sui figli minori, contando sull’impunità (perché i rimedi previsti dall’art. 709 ter cod. proc. civ., quali l’ammonimento e il blando risarcimento, sono insufficienti).

(12) L’impunità dei tragici (a volte) “attori” quali i giudici, gli avvocati, i consulenti del tribunale, gli assistenti sociali che, pur compiendo nefandezze e gravissimi danni, non sono chiamati a risponderne o, se chiamati, raramente ne rispondono.

La lista, come leggete, è lunga. E non è certo finita. Dunque è necessario un ampio, profondo, durevole dibattito.

Lo dobbiamo a noi stessi. Soprattutto ai nostri figli.

[Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/01/12/affidamento-condiviso-disparita-diritti/183317]

 

Affidamento condiviso e abuso

Le riflessioni di qualche giorno fa sull’affidamento condiviso hanno scatenato una veemente tempesta, anche una sorta di brain storming. Appassionata, sentita, vissuta. Ciò conferma quanto iltema sia di straordinaria attualità posto che investe una parte consistente delle coppie che si separano, oramai la metà.Poche volte ci si separa amichevolmente e nel conflitto conseguente alla separazione si apre la contesa dei figli. Se la contesa viene affrontata da genitori equilibrati, responsabili, consapevoli e ad armi pari, il conflitto si stempera in poco tempo, senza alcun spargimento di “sangue”. In caso contrario, ove manchino alcuni tra tali prerequisiti il conflitto può prendere pieghe anche devastanti. Con danni irreparabili, patrimoniali e non patrimoniali.
Come già scrissi, l’auspicio è che i genitori separandi abbiano tali caratteristiche ma appunto ove non le abbiano, – ed anche solo uno tra di essi, poiché per non litigare occorre essere in due, potendo uno solo tra i due imporre il conflitto all’altro suo malgrado, come spesso accade – diviene fondamentale il ruolo dei terzi chiamati a dirimere o quanto meno regolamentare il conflitto: giudici, avvocati, assistenti sociali, consulenti. Ciò pretende che essi siano competenti (direi molto, poiché è pretesa una particolare specializzazione), equilibrati (ed equidistanti, direi anche dal proprio cliente), retti ed onesti (intellettualmente e moralmente).Ho conosciuto giudici e avvocati straordinari, potrei raccontarveli. Ho conosciuto anche tanti cialtroni particolarmente dannosi per entrambi i genitori (dunque anche per il proprio cliente, se avvocati) e soprattutto per il minore. Cialtroni che trattano il cliente come se trattassero un sinistro dinanzi al giudice di Pace (nel quale forse sì son competenti), lo assecondano, lo incitano a compiere ogni nefandezza possibile finalizzata ad annientare la controparte-genitore. Cialtroni che considerano i genitori numeri e volti anonimi, senza avere il tempo e la capacità di entrare nel loro vissuto.Conosco la ingiustificata e non più sopportabile prassi giurisprudenziale di stravolgere la legge sull’affidamento condiviso, collocando a priori il figlio dalla madre, relegando in un insopportabile recinto il padre desideroso di fare bene da padre, confinandolo all’esilio, anzi all’oblio, ignorando il mantenimento diretto, dimenticandosi del potere di ammonimento e del risarcimento. Conosco soprattutto la prassi genitoriale (e mi spiace ribadirlo, soprattutto delle madri) di abusare del diritto statuito dall’art. 24 Cost. (diritto alla difesa), diffamando l’altro genitore (con querele infondate ove non inventate), interponendo false testimonianze e false prove, al solo fine di distruggerlo e di ottenere cospicui assegni di mantenimento o di intimidirlo per farlo cedere dinanzi alle proprie pretese. Conosco la prassi giurisprudenziale di legittimare tale abuso del diritto (in generale) senza giungere ad infliggere alcuna punizione al genitore scellerato. Eppure gli strumenti processuali esistono.

Conosco giudici indifferenti a tali abusi, i quali anche accertandoli, si limitano a sostenere che “comunque è interesse del minore, soprattutto nei suoi primi anni di vita, vivere prevalentemente con la madre”. Poco importa se la madre sia una irresponsabile che ha distrutto la vita del padre del minore, ne distrugge quotidianamente l’immagine dinanzi al figlio, ne succhia avidamente il mantenimento (senza dover rendere conto a nessuno). E’ nell’interesse del minore farlo crescere con una tale figura?
E’ dunque opportuno stroncare (in sede civile e in sede penale) ogni forma di abuso del diritto e del processo, poiché si ingenerano drammi sociali (ed economici). E’ dunque necessario sanzionarecon vigore e senza indugio magistrati, giudici, assistenti e consulenti che si rivelino incompetenti e non equilibrati.

Vi racconterò solo uno tra i tanti casi vergognosi: quello di un padre, la cui convivente divenuta madre da poco, inspiegabilmente si allontana da lui col bimbo, frapponendo centinaia di chilometri. E per giustificare ciò inonda la procura di false querele verso il padre, così vietandogli di vedere il bimbo. Dopo “soli” 2 anni di causa dinanzi al Tribunale dei Minori, nonché decine di querele, consulenze, spese abnormi, immagine infangata di una persona seria, il giudice accerta infine che la madre è persona indegna della potestà genitoriale, accertando la gravità dei suoi comportamenti. Ma inspiegabilmente, per non fare un torto a nessuno, sottrae anche al padre-vittima la potestà genitoriale. Quanto è risarcibile tutto ciò per il padre? Qualche milione di euro potrebbe bastare a riparare i gravi danni? E verso quali soggetti, atteso che vi sono grandi responsabilità sia dei giudici che degli avvocati che dei consulenti? Occorre dunque un moto di sdegno, collettivo.

[Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/01/25/affidamento-condiviso-abuso-diritto-processo/186362]
Visualizzazioni dopo 11/11/11: 6429

2 Comments

  1. soltanto un padre

    Non si potrebbe parlarne meglio. Lo dice uno che ha vissuto CTU senza senso, anzi a senso unico. Indagini penale per difendersi da accuse false , di una madre che fa danni fisici per denunciare il padre, che attua ogni strategia possibile avvalorata da un tribunali di inetti. Bah…

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